Macchiavelli, i misteri dietro una colonna

Lo scrittore presenta oggi il suo libro ’I fantasmi si vestono nudi’, ambientato a Bologna e sotto i portici di San Luca

Macchiavelli, i misteri dietro una colonna

Macchiavelli, i misteri dietro una colonna

di Claudio Cumani

Santo era riuscito per una volta ad andare in bicicletta più veloce di Charly Gaul, l’angelo della montagna. Perché, dopo l’exploit del campione lussemburghese nella cronoscalata di San Luca durante il Giro d’Italia del 1956, lui era stato capace su quello stesso percorso di migliorare il tempo. Poi però non era più stato in grado di ripetere l’impresa. I portici che conducono alla basilica avevano comunque esercitato su quel ragazzo diciassettenne una fortissima suggestione. E così in una una notte scura Santo, mentre sale a piedi il tratto della curva delle Orfanelle, incontra una ragazza bella, dolce, bionda, nuda... e anche morta molto tempo prima.

E’ un romanzo pieno di mistero con un originale taglio storico e un sottile intreccio di giallo il nuovo libro di Loriano Macchiavelli ‘I fantasmi si vestono nudi’ (Solferino) che l’autore presenta, appena uscito, oggi alle 18,30 all’Ambasciatori con Grazia Verasani e Stefano Tura. Un romanzo che pone San Luca al centro della vicenda perché "i portici – spiega Macchiavelli – sono pieni di fantasmi".

Cosa rappresenta per lei quel luogo?

"Un posto altamente simbolico dove nascono e muoiono le speranza umane. Basti pensare a quanta gente è salita nei secoli scalza o in ginocchio verso la basilica per cercare una grazia o per esprimere riconoscenza. E quante persone sono morte per il crollo delle arcate al tempo della costruzione dei portici. Nel ‘56 io avevo l’età del protagonista e l’orfanotrofio di San Luca per noi ragazzi rappresentava una villa misteriosa. Allora i portici erano bui e di notte da lassù si poteva vedere una città molto più intrigante: le luci del cimitero, il monumento ai caduti della Resistenza..".

Perché l’ambientazione nel 1956?

"Perché quello è un periodo in cui la guerra è ormai lontana e ci si può permettere di essere liberi e felici. Certo, è l’anno della repressione in Ungheria, della tragedia di Marcinelle, degli scioperi e dei movimenti in piazza. Ma un futuro migliore è a portata di mano. Per me questo è un romanzo anomalo, un’occasione per cambiare linguaggio e dimostrare come i generi si possono contagiare".

Bologna è il posto giusto per raccontare storie misteriose?

"E’ una città che si nasconde: apri un portone e scopri giardini inimmaginabili, trompe l’oeil, corridoi senza fine. Nelle cantine del ghetto scendi una scala e arrivi al canale dove ancora esistono i lavatoi. E poi non sai mai chi c’è dietro a una colonna".

Come procede il romanzo che sta scrivendo con Francesco Guccini?

"Siamo alle battute finali e ad inizio autunno dovrebbe essere in libreria. Non posso dire molto se non che è una storia complessa che dal nostro Appennino si sposta stavolta alla guerra franchista in Spagna e alla resistenza antifascista in Francia. Finito questo impegno mi sa che tornerò ad una nuova avventura di Sarti Antonio".

Si ritiene uno scrittore di gialli o di noir? E che differenza c’è?

"Mi ritengo uno scrittore e basta, un professionista che ha realizzato romanzi, testi teatrali, sceneggiature e altro ancora. Il giallo nasce per dare razionalità al delitto e deve offrire una soluzione che soddisfi il lettore, chiarendo chi ha commesso un fatto e perché. Nel noir non c’è soluzione consolatoria".

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