Omicidio di Kristina Gallo, condannato a 30 anni l’ex fidanzato

Accolta la richiesta del procuratore aggiunto Caleca. La sentenza di condanna del gup Pecorella nei confronti di Giuseppe Cappello

Kristina Gallo, uccisa dal fidanzato nel marzo 2019 a 27 anni

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Bologna, 4 luglio 2023 – Giuseppe Cappello è stato condannato in primo grado a 30 anni di reclusione nel processo che si è svolto con rito abbreviato. Questa la decisione del gup Sandro Pecorella che conferma la richiesta avanzata ieri dal procuratore aggiunto Francesco Caleca nel corso della sua requisitoria.

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Il 45enne, agli arresti domiciliari dalla fine dell’anno scorso, era accusato di omicidio aggravato dallo stalking per aver ucciso la sua fidanzata, Kristina Gallo. La giovane mamma fu trovata morta nella sua abitazione di via Andrea da Faenza, in Bolognina, il 26 marzo 2019.

Sono state inoltre disposte le provvisionali di 100mila euro a favore dei familiari, difesi dagli avvocati Francesco Cardile e Cesarina Mitaritonna, e di 10mila euro per l’associazione ‘La caramella buona’, con la legale Barbara Iannuccelli.

La morte di Kristina Gallo è stata, fin dall’inizio, piena di punti oscuri. Da subito si era pensato a una morte naturale poi, per volere della famiglia, vennero disposti nuovi accertamenti che fecero emergere importanti dettagli sul decesso della giovane: la posizione del corpo in cui è stata ritrovata Kristina non poteva essere la stessa in cui la ragazza era morta, poi tracce di Dna di Cappello sotto le unghie della ragazza.

Commentando la sentenza, gli avvocati di parte civile: “Soddisfatti anche se non si può mai esserlo di fronte alla morte di una ragazza”. 

Giuseppe Cappello, presente in aula, ha ascoltato in silenzio la lettura della sentenza, uscendo poi senza rilasciare dichiarazioni.

“Prendo atto con dispiacere - il commento dell’avvocato Gabriele Bordoni che insieme alla collega Alessandra Di Gianvincenzo assiste Cappello - della sentenza perché ritenevamo di aver messo l’accento su aspetti determinanti che lasciavano un più che ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell’imputato”.

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