Bologna, 5 novembre 2024 - Hanno simulato una rapina a mano armata al “C House Coffee Shop” all’interno del Centro Navile. I tre, un ragazzo italiano di 23 anni e una coppia di moldavi marito e moglie, sono stati denunciati per furto aggravato in concorso e, solo la donna, anche per simulazione di reato.
Ma ripercorriamo i fatti. Era il 4 agosto scorso quando la polizia riceve una chiamata da parte di una donna, dipendente del bar, che segnala di essere stata vittima di una rapina. Secondo la ricostruzione della vittima, il rapinatore sarebbe entrato di mattina presto intimandola di consegnarle tutto il denaro contenuto nel fondo cassa (circa 4.500 euro) e, prima di fuggire, l’avrebbe colpita al volto con un pugno.
Gli uomini della Mobile, intervenuti sul posto, hanno acquisito i filmati delle telecamere di videosorveglianza esterne al locale: dall’analisi dei filmati si vede un uomo con volto travisato che si avvicina al locale armato di pistola. Fin dall’inizio, la versione fornita dalla donna non ha convinto fino in fondo gli investigatori in quanto quest’ultimi si sono accorti che il rapinatore per mettere a segno il colpo aveva impiegato solo 19 secondi.
Un lasso di tempo troppo breve che non avrebbe permesso al malvivente di entrare, rubare i soldi e poi scappare. Una tempistica confermata anche dalle stesse simulazioni fatte dagli agenti della Mobile che, cronometro alla mano, hanno accertato che il colpo non avrebbe potuto essere messo a segno in meno di un minuto e mezzo. Sempre grazie all’analisi dei filmati, gli investigatori sono risaliti a un furgone bianco che, il giorno della rapina, appare nelle zone vicine al bar.
Grazie al Targa System, gli agenti della Mobile coordinati dal pm Tommaso Pierini, sono riusciti a risalire al proprietario. Si tratta di un uomo residente a Rimini risultato solo dopo essere completamente estraneo ai fatti, in quanto il 4 agosto il furgone era stato utilizzato da un collega più giovane, successivamente identificato nel finto rapinatore.
Durante una perquisizione a casa del proprietario del mezzo, dove era presente anche il finto rapinatore (entrambi lavorano nel settore fieristico) gli investigatori hanno trovato, all’interno dello zaino del giovane, dei pantaloncini da basket rossi e delle scarpe, usati dal ventitreenne il giorno della rapina. Da successivi accertamenti, è emersa la complicità tra il giovane e la coppia di moldavi: quest’ultimi, infatti, avevano scortato, entrambi a bordo di un’utilitaria, il ventitreenne a bordo del furgone, fino al bar.
Una volta arrivato, il finto rapinatore era sceso dal mezzo e si era avvicinato al locale a bordo di una bici. Il ragazzo, che si è mostrato fin da subito collaborativo, ha anche portato gli agenti nel luogo dove si era disfatto della pistola, vicino a un fiume a Sasso Marconi.
Da ulteriori indagini, è inoltre emerso che sia il finto rapinatore che il marito della donna, un moldavo del 2000, entrambi già noti alle forze dell’ordine per numerosi precedenti, erano stati più volte controllati nel Bolognese.
I soldi proventi della finta rapina non sono mai stati ritrovati in quanto i tre, per motivi legati a debiti precedentemente contratti, li hanno spesi poco dopo.