La consigliera e il sexy shop: il giallo. Spese pazze, imbarazzo nel Pd

Regione, la reggiana Rita Moriconi: "Mai entrata in un negozio a luci rosse"

La sala del consiglio regionale dell'Emilia-Romagna (FotoSchicchi)

La sala del consiglio regionale dell'Emilia-Romagna (FotoSchicchi)

Bologna, 11 novembre 2014 - Il giallo del sexy shop. C’è anche questo nella maxi-inchiesta della Procura sulle ‘spese pazze’ dei consiglieri regionali che ieri, a due settimane dal voto per il nuovo governatore, ha avuto il clamoroso, anche se atteso da tempo, sviluppo degli avvisi di garanzia. Il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza fin dal primo mattino ha infatti notificato gli avvisi, validi anche come avvisi di fine indagine, preludio alle richieste di rinvio a giudizio, a 41 consiglieri su 49 (il cinquantesimo, Mauro Manfredini, è deceduto nelle settimane scorse).

Le accuse formulate dai pm Morena Plazzi e Antonella Scandellari sono peculato (per tutti), omesso controllo (per i nove capigruppo) e truffa (per il solo Roberto Sconciaforni, Fds-Rifondazione). Secondo i magistrati, i gruppi avrebbero speso a fini privati una cifra astronomica, oltre due milioni di euro, da metà 2010 a fine 2011.

L’elenco delle spese pazze è sterminato e variegato. Una delle novità rispetto a quanto già si sapeva è proprio lo scontrino messo a rimborso per un acquisto fatto in un sexy shop. La spesa è avvenuta nel novembre 2010 ed è contestata alla consigliera del Pd Rita Moriconi, di Reggio Emilia. 

Lei però nega su tutta la linea e minaccia querele: «Non sono mai entrata in un sexy shop in vita mia e, pur affermando con forza la libertà di ciascun cittadino di vivere la propria sessualità, non possiedo né ho mai posseduto nessun gadget erotico. Non sono quindi io la persona alla quale la Procura ha contestato questa spesa. Per quanto mi riguarda, tra l’altro, sono fermamente convinta di poter chiarire tutte le mie voci di spesa, che si riferiscono esclusivamente a ricariche telefoniche, alcuni pasti e qualche viaggio. Sono una persona seria. Diffido chiunque dall’insinuare che io possa essere l’acquirente del sex toy. Nel caso ciò dovesse comunque avvenire procederò, come mio pieno diritto, a rivalermi del torto subito per vie legali».

Nel suo avviso di garanzia, però, c’è una spesa di circa 80 euro relativa allo scontrino (messo a rimborso a nome della Mariconi) della ‘Bis Srl’ emesso il 29 novrembre 2010. Richiesta di spiegazioni, Rita Moriconi precisa: «Si tratta di una copisteria, credo di Cesena. Non ricordo cosa comprai, è passato troppo tempo». Secondo gli inquirenti, invece, la ‘Bis Srl’ è un sexy shop di Reggio Emilia e la spesa è stata fatta lì. Si vedrà. 

In casa Pd non è l’unica spesa sospetta. I democratici sono primi quanto a numero di indagati (18 su 24) e spesa complessiva, 940mila euro. Ma sono anche il gruppo più numeroso. L’allora capogruppo Marco Monari, che si è dimesso travolto dallo scandalo, ha messo a rimborso (personalmente o come capogruppo) pranzi o cene in ristoranti stellati, quali ‘Le Calandre’ dello chef Alaimo, ‘L’Ostrica’ di Roma o il San Domenico di Imola. E’ lui a fare la parte del leone nel Pd. Non si è risparmiato nemmeno sui viaggi: ormai noto il suo weekend del giugno 2011 a Venezia, nel Grand Hotel dei Dogi, categoria lusso, 1.100 euro per due persone. Suo anche il weekend ad Amalfi assieme a Mauro Malaguti con il ‘servizio limousine’. 

Poi ci sono le spese opposte, quelle da 50 centesimi per i bagni pubblici del forlivese Thomas Casadei. E ancora, le spese contestate a Luciano Vecchi, soprattutto nei weekend a Roma, dove viveva la sua famiglia. Per gli inquirenti non avevano attinenza con la sua attività. C’è anche un consigliere che ha chiesto e ottenuto il rimborso di un libro del conduttore televisivo Fabio Volo. 

Nel file dem è indagato anche Antonio Mumolo, ricandidato alle imminenti elezioni. E’ lui stesso, sulla sua pagine Facebook, a spiegare le contestazioni. «Si tratta di una cifra di circa seimila euro – scrive in un post –, composta per lo più da spese di spostamento (treno e taxi), effettuate per l’espletamento del mio mandato. Questa situazione – conclude –, che riguarda oltre me la quasi totalità dei consiglieri regionali in carica, mi addolora, eppure sono tranquillo». È rimasto nell’inchiesta anche Matteo Richetti, che si ritirò dalle primarie lasciando campo libero a Stefano Bonaccini per il quale è stata richiesta l’archiviazione. A Richetti, invece, è arrivato l’avviso di fine indagine: a lui sono contestate spese per circa 5mila euro.

VIDEO Intervisa all'assessore Luciano Vecchi

 

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