Zuppi cardinale, l'intervista: "Mi prendo cura degli ultimi"

L’arcivescovo di Bologna nominato dal Papa: "Sarò testimone del Vangelo"

L’arcivescovo Matteo Zuppi

L’arcivescovo Matteo Zuppi

Bologna, 2 settembre 2019 – Mentre Papa Francesco annuncia la nomina di monsignor Matteo Zuppi come futuro cardinale, l’arcivescovo di Bologna si trova in pellegrinaggio a Lourdes insieme ai fedeli dell’Emilia Romagna (video). Il suo legame con la gente e soprattutto con chi è in difficoltà è indissolubile, tanto che anche quando fu nominato successore del cardinale Carlo Caffara, trascorse tutta la giornata a visitare i malati rispondendo ai vari messaggi di congratulazioni solo a tarda serata.

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Un vero arcivescovo in uscita che, dal cinque ottobre, sarà un cardinale. Anzi, tenendo fede al suo modo di essere, un cardinale in uscita.

«Sono sempre stato un sacerdote che si è preoccupato di incontrare il prossimo – spiega monsignor Zuppi – e non perché ero un prete moderno, ma semplicemente perché questo è il principale compito della Chiesa».

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«Quando papa Francesco insiste sul fatto che la nostra deve essere una comunità in uscita – continua il futuro cardinale petroniano – e non cadere nella tentazione di ritirarsi, e quindi di chiudersi, davanti alle sfide. La Chiesa deve restare aperta, lasciando da parte il timore di non essere compresa o di essere una minoranza. Perché alla fine il bene ha sempre il sopravvento sul male. I cardinali sono i primi che devono difenderla da questa tentazione e per farlo devono amarla».

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Posto che la sua sintonia con Bergoglio è evidente anzi, praticamente scontata, come intende svolgere questo nuovo ministero?

«Intanto desidero ringraziare Papa Francesco per la stima e per la fiducia che ha riposto in me nel chiamarmi ad essere un suo stretto collaboratore. È un riconoscimento per tutta la Chiesa di Bologna, per la comunità di cui faccio parte da tantissimi anni, ed è anche una grande responsabilità. Il cardinale veste di rosso perché deve testimoniare fino al sangue. E questo, come prima cosa, significa essere dei buoni testimoni del Vangelo. Quello di ieri, poi, è molto chiaro e traccia una direzione molto netta che non dà adito a tante interpretazione e dalla quale non possiamo allontanarci in nessun modo».

Quale?

«Gesù ci invita ad essere generosi con poveri, storpi, zoppi, ciechi, proprio perché sappiamo già che non potranno contraccambiare questo nostro gesto e chi lo fa sarà beato. Mettere in pratica il Vangelo, testimoniandolo, significa prendersi cura degli altri, in particolare degli ultimi e soprattutto in modo gratuito, lasciando da parte i vari interessi e tornaconto personale. Questa nomina, quindi, è ancora di più una chiamata al servizio. Tra l’altro è arrivata mentre sono qui a Lourdes e per questo motivo voglio affidarla alla Madonna, confidando nel suo sostegno».

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Che cosa le ha insegnato la Chiesa di Bologna?

«Mi ha aiutato a crescere tantissimo. È una comunità piena di buon senso per la sua storia e per la sua tradizione e che va amata per quanto ha fatto stando sempre vicino alla persone. È una realtà che ha messo in campo una grande intelligenza nell’affrontare le sfide che la nostra città propone, diventando una delle voci più qualificate. Mi ha anche fatto comprendere fino in fondo lo spirito e, quindi, i contenuti del Concilio Vaticano II: una profondità che solo in una realtà così ricca di cultura e di pluralismo può essere effettivamente compresa».

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