
Un bonificatore all’opera
“Men of corn”: gli uomini del frumento, che fanno rinascere l’agricoltura. Ovvero i coraggiosi bonificatori dei campi minati mano a mano che il fronte liberava città e campagne, da noi nell’autunno 1944. Con questo titolo un giornale dell’Ottava Armata Alleata elogiava le squadre di sminatori che facevano la guerra contro la guerra, bonificando campi e siti ancora impestati da perfide mine antiuomo e anticarro disseminate dai nazifascisti in ritirata. Quell’articolo ci riguarda direttamente perché racconta una delle scuole per sminatori che aveva sede a Forli eche operò in Romagna, anche nel cesenate. Meritano un ricordo particolare quegli uomini, rapidamente addestrati da militati di Artiglieria e del Genio, che a loro rischio e pericolo, e con magro stipendio rastrellarono i terreni da terribili insidie: ‘impresa epica - come scrisse il presidente della Repubblica Pertini in occasione dell’inaugurazione d’un monumento alla memoria dei bonificatori caduti (eretto a Castelbolognese nel 1984)- senza la quale le pagine della ricostruzione del nostro Paese non sarebbero mai state scritte’. La bonifica dei campi minati in Italia scattò nel novembre 1944 e continuò almeno sino al 1948. Vi operano 4500 uomini, in gran parte civili sotto comando militare, pagando anch’essi un doloroso tributo: 633 furono i caduti sul campo (222 nella nostra Regione), 168 i mutilati, 699 i feriti. Ma disinnescarono, in campo nazionale, dieci milioni di ordigni bellici d’ogni tipo. Ebbero a che fare anche con mine vigliacche (di produzione italiana): realizzate con involucri in legno e vetro, non magnetiche in modo da sfuggire ai ‘cercamine’; furono quegli ordigni a provocare, a guerra finite, uno stillicidio di vittime e mutilati tra i bambini, e non solo.
Se si ha la doverosa pazienza di rileggere il rosario doloroso dei bonificatori caduti tornano alla luce agghiaccianti notizie dalla nostra terra. Alcuni esempi: Cesenatico, 26 aprile 1946 (oltre un anno dopo la Liberazione). Una intera squadra, cinque operai e un maresciallo, viene dilaniata da una trappola esplosiva (ordigni multipli). Altri bonificatori cadono vittime di perfidi ordigni nelle campagne di San Tommaso e di Piavola (fonte: ‘La Bonifica dei Campi Minati ed altri ordigni bellici in Italia dal 1944-1948’, stampato in Bologna, 1984). Tragiche storie di ieri? Purtroppo no: in diversi Paesi del Mondo le mine antiuomo continuano a far strage di bambini e di civili. Basti pensare a ‘Pappagalli verdi’ (mine che sembrano giocattoli), il libro testimonianza di Gino Strada e della sua meritoria ‘Emergency’, ospedali di guerra che curano tutti. Notevole poi, e nel segno dell’attualità - come segnalammo ad alcuni insegnanti- un coraggioso testo pubblicato recentemente: ‘Ero un uomo della guerra. La mia vita da fabbricante di armi a sminatore’, di Vito Alfieri Fontana (scritto con il giornalista Antonio Sanfrancesco. La storia vera (mica una ‘fiction’) di un fabbricante di mine, azienda italiana ‘rinomata’ in questo settore, attività dismessa nel 1993 quando il protagonista, dopo una lacerante conversione, diventa operatore umanitario: sminatore in vari teatri di guerra. Un reportage che non fa sconti: per chi vuol vedere la realtà senza paraocchi. E senza voltarsi dall’altra parte.