di Annamaria Senni
CESENA
Un altro stop forzato alle indagini sul caso della giovane 21enne scomparsa a Cesena 32 anni fa. Il giudice delle indagini preliminari del tribunale di Forlì, Massimo De Paoli, ha disposto l’archiviazione del procedimento sulla scomparsa di Cristina Golinucci, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Laura Brunelli e rigettando l’opposizione della famiglia. Nella motivazione dell’ordinanza si legge che le indagini "sono state estese e articolate e hanno consentito di approfondire ogni possibile traccia, e per questo vanno archiviate. Ma in caso di elementi di novità l’indagine potrà essere riavviata, senza pregiudizio per le parti coinvolte".
È impossibile, secondo il gip, allo stato attuale delle indgini arrivare alla verità su Cristina Golinucci, scomparsa a Cesena il primo settembre del 1992, dopo aver lasciato la Cinquecento azzurra posteggiata nel parcheggio dei Frati Cappuccini. "Questa archiviazione è un altro schiaffo dalla giustizia, ma non è una sorpresa – ha detto la 78enne Marisa Degli Angeli, mamma di Cristina Golinucci -. Dallo Stato non vorrei le scuse, delle scuse dopo tanti anni non me ne faccio niente. Vorrei che cercassero Emanuel Boke, principale sospettato". "Sostanzialmente lo Stato ci dice di arrangiarci – ha detto l’avvocata Barbara Iannuccelli – il giudice ritiene che è impossibile rintracciare Emanuel Boke, che si trova in Francia sotto falso nome. La palla passa a noi. Andremo in tribunale in Provenza ad acquisire le sentenze di condanna di questo soggetto che ha le stesse impronte digitali di Boke".
Nell’ordinanza di archiviazione emergono le piste analizzate. È analizzata la pista di un infermiere, tra i sospettati della scomparsa di Cristina, che ha detto che non conosceva la ragazza. È analizzata la pista di un predatore sessuale di 60 anni, un uomo che conosceva Cristina, e che avrebbe in passato molestato delle ragazze. Le intercettazioni a suo carico non hanno prodotto risultati. Si è proceduto con le perquisizioni nel convento, con l’aiuto di georadar, ma anche queste non hanno prodotto alcun risultato.
Altra figura centrale è quella di Emanuel Boke. Un frate, padre Lino, aveva raccolto le confidenze di Boke che aveva affermato di essere stato lui l’autore della sparizione di Cristina. Poi aveva ritrattato tutto. "Sono stati attivati canali di cooperazione internazionale mediante l’Interpol – si legge nell’ordinanza – ma le autorità estere non hanno fornito elementi ai fini dell’individuazione di Boke". Nessun accertamento poi, è stato possibile fare nella zona di Montepetra, sulle colline cesenati dove era stato visto un frate più volte allontanarsi con una ragazza verso i boschi. Lì erano stati trovati dei sacchi neri maleodoranti, e i sospetti della famiglia erano che proprio lì fosse nascosto il corpo di Cristina. Ma a causa di una frana legata all’alluvione del 2023 non si è potuto procedere agli accertamenti nel bosco. All’epoca, osserva il gip, era consuetudine gettare resti di animali nei boschi, per cui chi vide la scena non le diede peso. Nell’ordinanza si esamina anche la posizione di un altro frate con cui Cristina era entrata in contatto e di cui subiva la fascinazione. Il frate, sentito a sommarie informazioni, ha ridimensionato il rapporto con la giovane. Quel frate aveva lasciato Cesena il giorno successivo alla scomparsa di Cristina.