GABRIELE PAPI
Cronaca

Quei briganti della via Emilia. L’assalto alla diligenza del Papa

Il 29 novembre del 1834 la banda colpì fuori Porta Santi tra via Matalardo e via Rio Marano

Il 29 novembre del 1834 la banda colpì fuori Porta Santi tra via Matalardo e via Rio Marano

Il 29 novembre del 1834 la banda colpì fuori Porta Santi tra via Matalardo e via Rio Marano

Tra la via Emilia e il West. A Cesena e in Romagna: prima del Far West americano e vent’anni prima del Passatore e della sua banda. 29 novembre 1834. Una banda di “masnadieri’ assalta la diligenza pontificia fuori da Porta Santi all’altezza del ponte del Matalardo, cioè tra via Matalardo e via Rio Marano (che come vie ci sono ancora) che incrociavano il percorso della via Emilia Vecchia, oggi via Fiorenzuola, dopo l’ uscita da Cesena. Sito propizio alle imboscate: vicino ma non troppo alle città chiusa dalle mura, con varie vie di fuga per i briganti dopo la rapina a mano armata: verso le colline o verso la bassa, ancora densa di paludi e di folti canneti. La geografia del nostro territorio era molto diversa da quella attuale. Il brigantaggio era endemico, ricorrente: diffuso come la miseria in cui viveva la gran parte della gente romagnola delle campagne e dei sobborghi della città.

La repressione del brigantaggio era feroce: con tanto di esposizione in piazza dei cadaveri di briganti uccisi dalla polizia pontificia (più spesso da sicari pagati per questo, con promessa di impunità e di espatrio). I briganti erano quasi sempre analfabeti: ma erano ‘professori nell’uso delle armi che allora era ancora ad avancarica, ma non per questo meno micidiali. Il fucile prediletto dai briganti era allora lo scavezzo, arma con il calcio ripiegabile che come tale si poteva nascondere nelle ampie tasche della capparella. Le loro pistole erano già a due colpi, caricati a pallettoni oppure palla unica, letale. Sapevano farsi i proiettili da soli (come poi nel Far West). Oltre ai coltelli affilati come rasoi.

Erano quasi sempre anche contrabbandieri e cacciatori di frodo: addestramento, quest’ultimo, che assicurava loro una spiacevole abilità. La stessa tecnica criminale dell’assalto alle diligenze pontificie (che in genere passavano una volta la settimana e, trasportando spesso valori e preziosi, avevano militi di scorta a bordo) pretendeva masnadieri senza scrupoli né paura, con azioni studiate e coordinate. All’improvviso, dalle folte siepi che costeggiavano lunghi tratti della via Emilia un brigante balzava sulla strada bloccando e poi sganciando i cavalli mentre all’unisono i suoi compari si materializzavano da entrambi i lati della diligenza, armi spianati e urla intimidatorie. Quella rapina di fine novembre 1834 fruttò ai malviventi, raccontano i documenti del tempo, 3000 scudi: un bottino ingente, corrispondente a oltre 300.000 euro odierni. Quando l’allarme raggiunse la città i briganti erano già uccelli di bosco, sparpagliati verso rifugi dove avrebbero pagato generosamente la rischiosa ospitalità loro accordata. La stessa prassi successivamente adottata dal Passatore e dalla sua banda che solo nel cesenate poteva contare più di quindici tra complici, ricettatori, manutengoli tra campagna e collina.

Quanto all’irragionevole mito poi sorto sul Passatore e i suoi briganti, il paragone storico che ci pare pertinente e che ci piace ricordare è invece quello dei ‘desperados’ che agivano nel West lungo la pista di Santa Fe. Gente per cui, scrissero i giornali americani d’allora, la rapina era un mestiere e l’omicidio una distinzione. Finchè non finivano loro stessi impallinati sulla strada.