"Virus in ritirata, speriamo possa sparire"

Il professor Guido Silvestri punta su caldo e bel tempo: "Ma attenzione alla riapertura e soprattutto all’inverno"

Guido Silvestri, senigalliese, professore all’Università di Atlanta

Guido Silvestri, senigalliese, professore all’Università di Atlanta

Senigallia (Ancona), 29 aprile 2020 - Nato a Senigallia, patologo e virologo, Guido Silvestri, 58 anni da compiere, insegna all’Emory University di Atlanta. E’ considerato uno dei maggiori esperti internazionali. "Da alcune settimane sto seguendo con particolare attenzione questo parametro dell’epidemia, che rappresenta un indice importante del carico ospedaliero portato da COVID-19. Sono ormai 15 giorni consecutivi che questo numero sta calando, e ciò fa ben sperare che si stia andando verso la fine di questa prima fase dell’epidemia".

E’ il segnale che il virus riduce la sua forza? "Non necessariamente, ma è possibile. Soprattutto, è il segnale che il virus se ne sta andando. Questo è il risultato del lockdown, ma anche dell’arrivo della bella stagione, e del crescere dell’immunità naturale verso questo virus".

Questa riduzione quanto deve continuare? Possiamo puntare sul caldo, sul generale bel tempo? "La riduzione dovrebbe arrivare a zero. Se così fosse, ci sarebbero speranze che il virus possa lasciarci per sempre. In realtà lo scenario più probabile è che il virus rimanga in Europa a livelli di contagio bassi, e provi a fare un nuovo assalto con l’arrivo del freddo, da novembre/dicembre in poi. A quel punto però dovremmo poter contare sul generale “scienza” e sul generale “preparazione”".

Il lockdown ha dato una mano consistente, ma adesso anche in Italia si riparte, riaprono i negozi e le soprattutto le fabbriche. "Non abbiamo scelta. Il rischio zero non esiste, e se non “riapriamo” i danni saranno enormi, non solo a livello economico, ma anche socio-sanitario. Ma sarà importante essere in grado di monitorare il ritorno dell’epidemia".

Dobbiamo stare attenti invece alla stagione invernale? Al famoso contagio di ritorno che fece tanti morti con la spagnola? "Starei alla larga dai paragoni con la Spagnola, che fu causata da un virus completamente diverso".

L’immunità naturale potrà giocare un ruolo decisivo oppure dobbiamo fare attenzione anche sugli immuni? "L’immunità naturale è un fattore determinante, ma va monitorata attentamente nella popolazione, in quanto non conosciamo quanto potrà durare nel tempo. Un’altra cosa che non conosciamo è se questa immunità proteggerà dall’infezione oppure solo dalle complicanze polmonari e sistemiche. Anche questo sarà importante studiare".

Lo scenario migliore per un’estate senza virus? "Beh, lo scenario migliore è che il virus sparisca per sempre dalla faccia della terra. E’ una possibilità poco probabile, ma non possiamo escluderla a priori".

Lo scenario peggiore riguarderebbe il ritorno, magari soprattutto al sud dove l’epidemia non ha fatto per ora danni. "Lo scenario peggiore è un ritorno in massa del virus a novembre/dicembre, con scarsa immunita’ naturale, insufficiente capacita’ di monitoraggio dell’epidemia, ed assenza di terapie o vaccini capaci di curare o prevenire l’infezione. L’Italia del Sud in questo caso potrebbe essere colpita più duramente".

Tra le tante risposte mediche alla pandemia quale è stata la più importante? "La risposta della scienza medica, a livello di ricerca di base, traslazionale e clinica. E’ stato straordinario il modo in cui è cresciuta la nostra conoscenza del virus, di come si trasmette, della risposta immunitaria, dei meccanismi di malattia, di farmaci che bloccano la replicazione di COVID-19. E’ questa la risposta che ci permetterà di vincere questa sfida".

L’Italia ha fatto cose migliori o peggiori di altri Paesi? "Il lavoro e l’impegno del personale sanitario e’ stato commovente, e la popolazione ha sopportato grandi sacrifici. Sull’organizzazione sanitaria della prima risposta a COVID-19 si discuterà molto. La politica, a mio avviso, è partita un po’ “sui blocchi”, come si direbbe in gergo sportivo, ma col tempo ha trovato una strada maestra, pero’ le sfide piu’ importanti vengono adesso, soprattutto nel gestire la riapertura ed il rischio di una seconda ondata a fine anno".

Perché ha chiamato «Pillole di ottimismo» la sua rubrica su facebook? "E’ un titolo che mi ha suggerito il mio vecchio amico Roberto Burioni, anche lui marchigiano emigrato, ed anche lui ottimista di carattere come me. In una situazione come questa l’ottimismo è fondamentale, e si deve basare sul fatto di avere al nostro servizio la grande potenza di fuoco della scienza".