Daniela Pes, note tribali e future: "Vengo dal jazz come Lucio"

L’interprete sarda premiata nella categoria artista, al parimerito di Calcutta, nella rassegna ‘Ciao’: "Abbiamo assimilato quella forma di canto che viene definita scat. Era maestro in questa tecnica"

Daniela Pes

Daniela Pes

È una voce arcaica che racconta i misteri della sua terra, la Sardegna, quella di Daniela Pes, esaltandone la ritualità sonora delle tradizioni con un uso seducente degli strumenti elettronici.

Musica al tempo stesso tribale e proiettata nel futuro, quella scritta dalla cantante e compositrice che, con il suo album d’esordio, Spira, ha vinto la Targa Tenco come migliore opera prima e a Bologna ricevere un altro riconoscimento, il Ballerino Dalla come migliore artista del 2024 a pari merito con Calcutta, all’interno del festival ‘Ciao. Rassegna Lucio Dalla per le forme innovative di musica e creatività’, nel giorno dell’anniversario della nascita del cantautore bolognese che avrebbe compiuto 81 anni.

Signora Pes, le sue atmosfere così intrise di terra e di presenze che dal passato irrompono nel presente hanno una relazione con la poesia di Lucio Dalla?

"Sembrano due scenari così lontani e inconciliabili, quello evocato da Dalla e quello delle mie canzoni. Eppure. Io ho la sua stessa formazione. Veniamo entrambi del jazz, che io ho studiato al Conservatorio e poi in varie masterclass – una, la più significativa con Paolo Fresu –, e dalla cultura sonora afro americana abbiamo assimilato quella forma di canto che viene definita scat. Dalla era maestro in questa tecnica. Io, come ha fatto lui con la canzone d’autore, l’ho portata in un’altra dimensione, fuori dal jazz, per costruire un linguaggio fatto di parole che hanno ragione di esistere per la loro vocalità, e non per il significato".

Dove è avvenuto il suo incontro con la musica?

"In casa. Vengo da una famiglia di musicisti, tutti suonano tutto, mio padre è un polistrumentista straordinario ed è stato, prima degli studi al Conservatorio, il mio primo ‘formatore’, la persona con la quale organizzavo le jam session, imparavo ad apprendere i testi dei cantautori che erano la colonna sonora della nostra quotidianità, e mia iniziale fonte di ispirazione".

Una fonte di ispirazione alla quale se ne sono poi aggiunte altre.

"Certo, ho sempre pensato che aprire la nostra mente alle diverse sorgenti sonore, essere predisposti all’esplorazione culturale, coltivare il gusto per la sorpresa, sia la strada migliore per trasformare in musica le nostre passioni. E nel mio caso è stato essenziale l’incontro con artisti come il pianista armeno Tigran Hamasian, uno strumentista che riesce a trasmettere all’ascoltatore l’energia nella sua forma più pura".

Poi c’è la musica popolare della sua terra, che è la Sardegna.

"La Sardegna ha un vastissimo patrimonio di musiche alle quali, a volte consapevolmente, altre no, ho attinto. Poliritmie e incastri armonici ne fanno una esperienza unica che ha fatto irruzione in ogni solco di Spira, manipolata, tramutata, resa ondata sonora della quale anche le parole fanno parte, grazie alla produzione di Iosonouncane. Con lui abbiamo portato in superficie quel senso istintivo, rituale che fa parte della storia della mia terra. E che abbiamo condiviso con un pubblico non solo italiano, ma internazionale, grazie a un tour europeo che arriverà anche al prestigioso Primavera Sound di Barcellona".