Lucio fra Bologna e il mondo: "Nei viaggi tornava bambino"

Faccani (Fondazione) e le città preferite. "Si ricordava sempre del primo treno fino alla Puglia"

Lucio fra Bologna e il mondo: "Nei viaggi tornava bambino"

Lucio fra Bologna e il mondo: "Nei viaggi tornava bambino"

Ai bolognesi piace tenerselo stretto Lucio. Amano sempre pensarlo legato alla loro città, a quella piazza Grande – che poi è la piccola e raccolta piazza Cavour – che si è trasformata in una canzone senza tempo. O, per dirla con le parole dello scrittore Enrico Brizzi su queste pagine, "è diventata quasi un inno della bolognesità". Eppure Dalla – che in centro spuntava spesso, e all’improvviso, e che nel cuore della città manteneva la casa e studio di registrazione – aveva tanti luoghi d’elezione. Ed era un viaggiatore, e non solo per le tournée, come ricorda Andrea Faccani, presidente della Fondazione Lucio Dalla, spesso al suo fianco nei più diversi angoli del mondo. E l’album di cui ricorrono i 40 anni, Viaggi Organizzati, che dà anche il titolo al programma di iniziative 2024 della Fondazione Lucio Dalla, è un’occasione imperdibile per ricostruire questo suo profilo di cittadino del mondo.

"Sono di più i posti in cui è stato – racconta Faccani –, di quelli in cui non è stato. Prima come musicista jazz e poi come cantante. Capitava anche di stare un anno in tour, partendo dall’Italia, poi passando in Europa e poi via, fino all’Australia. Abbiamo girato tutti i continenti. Ma amava moltissimo l’Italia e, in ogni tappa, voleva sempre visitare le chiese e le mostre". Una fascinazione per l’arte, quella di Dalla, che conosciamo bene.

Tanti i ritorni. Come quello a Montecarlo, dove per una decina di anni venne invitato al concerto conclusivo alla Sporting e dove tutti i musicisti dovevano vestirsi in smoking. Un grande amore: New York, rapporto tornato alla ribalta nel film DallAmericaCaruso con le immagini recuperate del concerto del 1986. Altre passioni: Parigi, Barcellona, molto meno Londra. Un legame: Berlino. Seduto su una panchina davanti al muro scrisse lì Futura.

E poi il Sud America, il Brasile. "Lucio era affascinato dalla diversità delle culture, era molto curioso: diceva che in vaggio tornava bambino e gli veniva in mente la prima volta che aveva preso un treno, con sua mamma, per andare a Manfredonia. Questa immagine la si ritrova poi in alcune canzoni: rimase davvero colpito da quell’Italia vista fuori dal finestrino. Le persone erano, del resto, un’ispirazione per il suo lavoro".

Scivolando dunque verso sud, la città che amava di più di tutte era Napoli. "Era sempre felice di andarvi – prosegue Faccani– e ogni volta mi diceva di abbassare il finestrino per sentirne il profumo". A Napoli, però – città cruciale per la sua produzione – non volle mai comprare casa, "andava all’Hotel Vesuvio". Casa che comprò, invece, in Sicilia, a Milo, all’ombra dell’Etna. Con un vicino speciale, Franco Battiato: "Ogni tanto Lucio andava a disturbarlo", scherza Faccani. Un altro luogo simbolo, anche la casa-torre di Rancitella, della famiglia Campiotti, nella provincia di Urbino. Lucio vi andò per vent’anni, "ma non la comprò mai, anche se scrisse poi molti testi".

E poi ovviamente la casa romana, in vicolo del Buco, a Trastevere, su suggerimento di Venditti. C’è ancora una targa a ricordarlo, assieme ai versi de La sera dei miracoli, nata fra quelle mura. "La città gli piaceva – continua Faccani –, ma lui voleva abitare solo a Bologna. E, per le vacanze, in Sicilia e alle Tremiti".

Le Tremiti. Un porto per Lucio, che comprò case diverse, mantenendo poi l’appartamento a San Nicola e la villa a San Domino: nel 2023 è stato avviato anche l’iter per intitolargli un isolotto. Era davvero, quel mare della Puglia, un richiamo per lui, che si definiva un emigrante alla rovescia. Quel mare così "profondo" entrato nel mito.