Il tempo è l’arma più potente del mondo. Tranquillizza, ti culla nei ricordi. Guardare al presente della Fermana spaventa, ma ci si compatta sperando in qualcosa di diverso, ricordandosi che quel qualcosa c’è già stato. Esattamente 25 anni, la Fermana diventava la regina delle Marche. Quella promozione in Serie B ha fatto il giro d’Italia e il 16 maggio a Fermo è un giorno sacro. La storia la racconta chi l’ha fatta. Il solito accento abruzzese e la stessa schiettezza di un tempo: le rughe ci saranno anche, ma Ivo Iaconi non è cambiato di una virgola. Ha girato alcune tra le piazze più importanti d’Italia. Eppure quella Fermana lì ha sempre un posto speciale nel suo cuore.
Mister, facciamo un tuffo nel passato: prima dell’inizio della stagione 98/99, cosa vi eravate detti con la società?
"Il primo anno a Fermo era stato difficile, di passaggio tra una squadra con tanti veterani che sono stati sostituiti con molti giovani, come Portanova e Mengo. Un azzardo ma è andata bene. Lì abbiamo posto le basi per costruire una squadra solida. Pensavamo di fare un buon campionato, ma mai pensavamo di vincere".
Il girone d’andata, chiuso da penultimi, era stato a dir poco difficile, si è mai sentito a rischio esonero?
"Mai avuto questa impressione. La squadra si esprimeva bene, ci erano mancati alcuni risultati che avevano pregiudicato la situazione. Abbiamo avuto sempre la fiducia della società, avevamo solo bisogno di tempo". Se dovesse individuare un momento preciso, qual è stata la miccia che ha fatto scattare il miracolo?
"Non saprei. Le partite tra la fine del girone d’andata e l’inizio di quello di ritorno ci hanno rilanciato e tranquillizzato. Da lì in poi è stato un crescendo grazie ai ragazzi, un gruppo eccezionale che non mi è mai più ricapitato di avere nella mia carriera".
Un crescendo che ha portato fino alla gara contro la Battipagliese, come ha passato quella notte?
"Sempre in piedi da quando i ragazzi hanno accusato i malori. Situazione d’emergenza totale, gente che sveniva. Stavamo tutti correndo per trovare i medicinali cercando di recuperare più persone".
Come ha vissuto la partita?
"È stata molto complicata, avevamo grossi problemi a livello fisico ovviamente. Persino Di Fabio avevo dovuto sostituire, un leone come lui che non ce la faceva. Avrebbe potuto essere una mazzata per gli altri che invece hanno reagito".
Dopo la partita al TG5 aveva definito quella promozione "un sogno indimenticabile": 25 anni dopo come ricorda quella stagione?
"Rimarrà per sempre strepitosa. Difficilmente una squadra che non parte per vincere può arrivare sopra così a squadre come Palermo, Avellino e tutte le altre. È stata la realizzazione di un sogno da parte di tutti, dai tifosi alla squadra e la società. Non ci sono parole per descrivere quella stagione".
Se dovesse scegliere un solo giocatore di quella rosa da portare in ogni sua esperienza, chi avrebbe scelto?
"Ce ne sarebbero tanti, per esempio a Pescara mi sono portato Di Fabio. Al di là del giocatore, lui è un uomo molto carismatico, facilitava il lavoro dell’allenatore. Prendo lui per tutti gli altri".
Purtroppo la realtà della Fermana oggi è ben diversa. Cosa servirebbe ai gialloblù per ripartire?
"Bisogna tornare a valutare i giocatori tecnicamente, e non solo perché conosciamo il procuratore. Bisogna fare delle relazioni tecniche su ogni singolo giocatore che viene preso, tenendo conto dei consigli dell’allenatore". Il tempo è l’arma più potente del mondo. Ora ti sbatte a terra e ti riporta alla realtà. A quella che costringe a vedere la Serie D come un obiettivo, e non come una condanna. Uomini, con la U maiuscola, che vivono a migliaia di chilometri da Fermo, che amano questa squadra come poche cose.
Filippo Rocchi