Willy Branchi: è morta Bice, la madre coraggio del ragazzo ucciso nell'88

Goro, si è spenta a 83 anni dopo una lunga malattia. Il dolore dell’altro figlio: "Mamma è morta senza sapere chi ha ucciso Vilfrido"

Bice Forcucci, la madre di Willy Branchi, ucciso nel 1988

Bice Forcucci, la madre di Willy Branchi, ucciso nel 1988

Goro (Ferrara), 23 marzo 2023 – "Vi chiedo di fare tutto il possibile per arrivare alla verità e per darmi il nome, o i nomi, di chi mi portò via Willy. L’unico desiderio ora è quello di morire serena sapendo cos’è accaduto quella notte".

Poi, rivolgendosi a una parte di Goro: "Credo che nel nostro paese vi siano persone che hanno visto o sentito, se non addirittura i responsabili stessi dell’omicidio. A loro dico solamente di mettersi nei miei panni, in quelli di una madre che da troppo tempo sta soffrendo. Parlate, non potete più andare avanti portandovi dietro un macigno del genere". Era l’1 dicembre 2014, l’indomani della grande fiaccolata per le vie di Goro per chiedere verità e giustizia, e quelle parole dette con il cuore in mano arrivarono da Bice Forcucci. Dall’altra notte quella donna coraggio non c’è più, si è spenta dopo una lunga malattia all’ospedale del Delta senza poter realizzare quel suo unico desiderio: avere i nomi degli assassini di suoi figlio. Vilfrido ’Willy’ Branchi. Ucciso nella maledetta notte del 29 settembre 1988 a soli 18 anni. Ammazzato come un animale, gettato nudo e con disprezzo lungo l’argine del Po a Goro da mani ancora oggi ignote.

"Mamma – spiega Luca, fratello di Willy – ha sofferto tantissimo e fino all’ultimo dei suoi giorni ha sperato di arrivare alla verità". Ottantatrè anni compiuti il 3 marzo, "tutti i giorni – ricorda Luca – parlava con Willy, come se mio fratello fosse davanti a lei".

E  quando nel 2014 la Procura riaprì l’inchiesta rimasta sigillata per ben 26 anni, lei "era spesso nervosa" perché voleva sapere. Conoscere ciò che stava accadendo là fuori. "Willy – diceva sempre – mi parla, mi dice quello che è successo, mi promette che un giorno gli inquirenti arriveranno a capire tutto il male che gli hanno fatto". Lo chiamava ancora "il mio bambino" quel ragazzone di un metro e novanta per quasi cento chili di forza amatissimo in paese. Ma proprio parte di quello stesso paese, chi più e chi meno, in questi lunghi anni di inchieste – a tratti stanche e farraginose e ancora aperte con tre indagati per omicidio – ha voltato le spalle alla famiglia Branchi, raccontando agli inquirenti fandonie, storielle raccapriccianti, mezze verità, dandosi la colpa l’uno con l’altro goffamente e in alcuni casi oltrepassando il limite del ridicolo. Facendosi beffa di quelle disperate richieste di pietas lanciate da una madre malata e inferma, rimasta vedova nel 1999. "L’unica cosa che mi dà un po’ di sollievo – riprende Luca – è che ora potrà riabbracciare papà e il suo caro Willy da qualche parte".

Domani verrà cremata e su sua precisa volontà l’urna cineraria verrà posizionata all’interno della tomba di Vilfrido nel cimitero di Goro.