
Nove rose incastrate nel cancello, i nomi scanditi con il megafono. "L’indagine è stata archiviata, ma questa strage non deve...
Nove rose incastrate nel cancello, i nomi scanditi con il megafono. "L’indagine è stata archiviata, ma questa strage non deve essere archiviata nelle coscienze dei cittadini, questo è il nostro auspicio". Sono le voci del "comitato verità e giustizia per i morti di Sant’Anna" che ieri mattina, a cinque anni da quella tragedia, hanno dato vita ad un presidio davanti al carcere modenese. Musica, parole, striscioni e rose per ricordare chi non c’è più ma soprattutto per non calare il sipario su quella drammatica giornata dell’8 marzo 2020 quando nella casa circondariale modenese, come in altri penitenziari italiani, esplose una rivolta; il bilancio fu pesantissimo; nove detenuti persero la vita. Vi fu un’indagine della procura e 121 poliziotti penitenziari vennero iscritti nel registro con accuse di tortura e lesioni aggravate. L’inchiesta venne archiviata, secondo l’indagine i detenuti erano morti di overdose da metadone dopo avere preso d’assalto l’infermeria. Il Comitato che ha supportato i famigliari delle vittime, quasi tutte straniere, continua nella sua battaglia. "La cosa sconvolgente – ha detto una delle portavoce Elena Valentini – è che in questi giorni quando chiediamo alla gente cosa successe cinque anni fa al Sant’Anna nessuno sa rispondere! Nove persone hanno perso la vita, erano nelle mani dello Stato e delle istituzioni che avevano la responsabilità su di loro; non abbiamo ancora uno stralcio di verità, siamo ancora nel silenzio".
Emanuela Zanasi