Vinicio Capossella Carpi, la festa è in piazza Martiri / FOTO

Vinicio Capossela

Vinicio Capossela

Carpi (Modena), 26 aprile 2019 - Ha fatto cantare e ballare oltre 8mila persone. Lui è Vinicio Capossela (foto), cantautore, uno degli artisti e polistrumentisti più eclettici che ci siano in Italia. Il ‘palcoscenico’ è stato quello di piazza Martiri, dove ieri pomeriggio migliaia di persone si sono riunite per ascoltare la musica raffinata e coinvolgente di Capossella.

Piazza strapiena, come pure i portici e corso Alberto Pio: il musicista ha saputo riunire un pubblico entusiasta e trasversale, che andava dalle famiglie, ai giovani, ragazzini e adulti. ‘Che cos’è l’amor’, ‘Emilia paranoica’ e gli altri suoi successi hanno animato Carpi. Con lui sul grande palcoscenico, montato al centro della piazza, in direzione della Cattedrale, ospiti eterogenei, tra cui il chitarrista Massimo Zamboni (ex CCCP e CSI) e il Coro delle Mondine di Novi. Il concerto rientrava in ‘LiberAzioni!’, promosso dall’amministrazione e dai componenti del Tavolo della Memoria di Carpi, e ha fatto seguito all’intervento, sul palco, dello scrittore Carlo Lucarelli, della giornalista de L’Espresso Floriana Bulfon e di Jovan Divijak, artefice della difesa di Sarajevo durante l'assedio serbo dal 1992 al 1996.

Vinicio Capossela
Vinicio Capossela

«Sono sempre stato abituato a considerare il 25 aprile una festa nazionale sacramente laica - ha dichiarato Vinicio Capossela -. Come un 25 dicembre che cade di primavera. Una festa che celebra la nascita dell’uomo libero, dell’umanità che ha saputo guadagnarsi la libertà attraverso la propria lotta partigiana: una data immutabile ed eterna, come il cielo, come il Natale. Eppure, con il passare degli anni, si sente sempre più la necessità di difendere il significato di questa festa che rischia di sbiadire con il tempo. Ci sono parole, frasi, date che anche solo al suono hanno un significato. ‘25 aprile’ ha il suono della primavera, di popolo nel senso più nobile, di comunità. Il 25 aprile per chi come me è cresciuto in Emilia è davvero la festa popolare per eccellenza, così tradizionale da poter apparire quasi vecchia. Ma il rischio di invecchiare il 25 aprile non lo sta correndo perché quel senso di liberazione, quell’affrancamento dal fascismo e dalla guerra che ne è conseguito, non è materia inanimata. È corpo vivo che richiede impegno affinché il suo significato più profondo si rinnovi nel quotidiano di ciascuno attraverso libere azioni. Anche la musica può essere una liber-azione. Cantare in coro fortifica e tonifica gli animi, crea quel senso di responsabilità condivisa e libera dall’isolamento che ci rende prigionieri delle nostre paure. Per questo ho risposto con entusiasmo invito di Carpi, allargando gli inviti a tutti coloro che desideravano unirsi al nostro canto: il coro delle Mondine, i cori di parte, partigiani, i musicisti d’Emilia, e al grande compagno Massimo Zamboni».