Gnudi: "Cambio aria per dignità". Tutti i motivi del suo abbandono

"Ho preso uno schiaffone in faccia pubblicamente con la conferenza stampa di tutti i primari schierati". "Io non ho accettato di essere un’espressione della dirigenza, ero il portavoce di chi lavorava con me"

Dottor Umberto Gnudi

Dottor Umberto Gnudi

di Roberto Damiani

Dottor Umberto Gnudi, da ex primario applaudito del pronto soccorso tra il 2020 e il 2021, a persona messa alla porta da Marche Nord. Cos’è successo?

"Prendo atto che non rientro tra i preferiti della direzione di Marche Nord. Per cui, mi rimangono 3 turni di lavoro da fare e poi dal primo aprile sono in ferie e di fatto sono fuori".

Riepiloghiamo i fatti. E’ lei che ha deciso di dimettersi qualche giorno fa. Perché?

"Come potevo rimanere dopo la mancata riconferma? Non si approvava il mio modo di lavorare ed infatti si è preferito il collega Titolo".

Che ha più requisiti di lei?

"No, sono del tutto simili. Ho controllato gli atti. Potevano scegliere me o lui. Era indifferente. Hanno scelto il collega di Fano".

Così ha tirato le conclusioni presentando le dimissioni?

"Ma sì, dopo due anni di inferno e 20 di pronto soccorso, dando tutto quello che avevo insieme alla mia splendida squadra, pagando in termini di salute e di tempo sottratto alla famiglia, non avevo scelta. Non posso rimanere, come mi è stato detto, a dispetto dei santi. E io li accontento: vado via. Attenzione: io sarei rimasto eccome a guidare il pronto soccorso, ho persone carissime lì con le quali abbiamo condiviso paure e gioie".

Non era mai successo che un primario facente funzioni non venisse rinnovato per le sue idee più che per la sua professionalità, su cui nessuno ha avuto da ridire. Ma cosa ha detto di sgradito?

"A parte la vicenda con i no vax, che appartiene alla preistoria, io pago perché sono stato un primario atipico, non organico alla dirigenza. Se un direttore deve essere il trait d’union tra vertici e base, io per carattere rappresentavo i colleghi, mi sentivo uno di loro e non il braccio operativo della dirigenza. Perché la mia stella polare è lo spirito di un gruppo, e solo quando c’è si possono raggiungere obiettivi ambiziosi. Altrimenti non è possibile. E se è il caso di protestare non sarai mai solo".

L’accusano di aver svilito l’ospedale con le sue esternazioni ’come reparto da terzo mondo’.

"Io ho detto la verità, avevo trenta anziani da oltre 48 ore lasciati nelle barelle perché non c’era posto in nessun reparto. Che potevo dire? Va tutto bene? Dirlo è risultato sgradito. Lo posso comprendere ma ho anche ricevuto schiaffoni in faccia dai colleghi schierati in conferenza stampa per dire che si dissociavano da me. Era il segnale che agli occhi dei vertici il problema non era il pronto soccorso in quelle condizioni ma il problema ero io. Ci stava, e ne ho preso atto".

Non solo i primari che prendevano le distanze, ma anche una serie di comunicati stampa di smentita dei problemi da lei sollevati. In pratica, era come se lei raccontasse una verità parallela

"Io non sono un bugiardo, alla mia dignità ci tengo, e non cambio carattere a 56 anni, per questo sono stato escluso e cambio aria. Ma io non mi sento un martire né voglio farlo. Ho lavorato al massimo e ho dato tutto ricevendo il foglio di via. Credo che sia successo a tanti altri".

Che futuro vede per l’ospedale Marche Nord?

"Io sono pessimista per una ragione: i giovani specialisti vanno all’estero, sia per imparare l’inglese, sia perché sono pagati meglio ed hanno prospettiva di carriera. Noi formiamo benissimo finché parliamo di Università, ma nel mondo del lavoro siamo rimasti indietro di decenni per mille motivi. Così i nostri giovani medici vanno via e arrivano medici dei Paesi poveri dove non so quale formazione specialistica potranno aver avuto".

Lei dove andrà?

"Vado da sconfitto e ho bisogno di metabolizzarlo. Ma fuori c’è il mondo. Mi proporranno un lavoro, non più bello del pronto soccorso perché non c’è, ma più comodo a cui non dirò di no. Rimarrò a Pesaro però".

Che cosa ha imparato da questa lezione?

"Che i vertici ci considerano numeri, invece siamo uomini e donne con un’anima e un cuore"