"Mio padre Bud Spencer, gigante leggero"

Cristiana Pedersoli, figlia dell’attore, ospite di Passaggi Festival. "Papà affrontava la vita accettando il bene e il male, sempre con positività".

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di Tiziana Petrelli

"Ringrazio Fano per il bell’evento che ha organizzato giorni fa in onore di mio padre. Sono felice che finalmente anche in Italia succedano queste cose". Ha saputo della proiezione, all’Arena Bcc, del film cult ‘Lo chiamavano Trinità’ preceduto da una fagiolata a cui la gente ha partecipato indossando abiti western, la figlia di Bud Spencer, ospite stasera di Passaggi Festival nell’appuntamento delle 22.30 in piazza XX Settembre. "In Germania c’è già un festival, lo ‘Spencer festival’, a cui partecipano ogni anno 10mila persone che si mascherano da Bud Spencer e Terence Hill nei loro vari personaggi" rivela la figlia del mito del cinema italiano, al secolo Carlo Pedersoli.

Cristiana Pedersoli è autrice di "Bud. Un gigante per papà" (Giunti) il racconto della storia umana e professionale di un campione di incassi e dello sport, di cui parlerà con il giornalista e conduttore tv Tiberio Timperi e con il presidente della Quadriennale d’Arte Umberto Croppi. Questo è il suo primo libro.

Cosa l’ha spinta a cimentarsi nella scrittura?

"Non era assolutamente mia intenzione scrivere un libro. Ho iniziato per me stessa, scrivendo una sorta di diario di ricordi su papà. Perché era così predominante la figura di Bud Spencer, che sentivo l’esigenza di scrivere di Carlo Pedersoli. Poi l’editore tedesco dei libri di mio padre, ci ha chiesto una biografia. Gli ho parlato del mio diario e l’ha voluto leggere. Gli è così piaciuto che l’ha editato prima in Germania, poi in Ungheria… e finalmente quest’anno Giunti si è appassionato a questo progetto".

Cosa ha voluto dire, per lei, essere la figlia di Carlo Pedersoli?

"Quando ero piccola, per me, era solo mio padre che svolgeva il suo lavoro. Non ci trovavo nulla di particolare. Poi andando a scuola, quando le mie compagne mi chiedevano ‘ma com’è tuo padre? Com’è vivere con Bud Spencer?’ ho capito che il suo era un lavoro speciale. Ma per me era semplicemente mio padre, un punto di riferimento, un portatore sano di valori positivi, sia nel cinema che nella vita".

Un campione in tutto quello che ha fatto. Ma era più orgoglioso dei successi nel nuoto o al botteghino?

"Papà diceva sempre che quello del cinema è un successo che ti dà o toglie il pubblico. Mentre i suoi successi da sportivo erano per le sue capacità. E di quelli andava molto fiero. Ancor di più di essere diventato pilota di aerei ed elicotteri, che era la sua grande passione".

E lei di cosa va più fiera?

"Forse il capolavoro più bello è quello che ha fatto della sua vita. Oltre ai successi dello sport e del cinema, il suo successo più grande è come ha condotto la sua vita: con positività, leggerezza e gioia. Un grande insegnamento per me. E poi ha scelto anche la donna giusta da avere accanto che gli ha permesso di raggiungere tutti i suoi traguardi".

Il suo ricordo più segreto di figlia?

"Sono certa che lui avesse delle energie speciali, che mi trasferiva spesso tenendogli la mano".

C’è un oggetto particolare che glielo ricorda?

"Il salvadanaio. Me ne regalò uno quando ero piccola e da lì ho imparato a dipingerli. E’ un oggetto con il quale abbiamo fatto molti eventi benefici".

L’insegnamento più bello che le ha lasciato?

"Accettare la vita così come viene. Il suo motto era ‘Futtitinne’, ma non nel senso di essere disinteressati alle cose… bensì di accettare il bene e il male, andando sempre avanti senza compatirsi".