REDAZIONE PESARO

"Restaurare non è inventare cose false"

Nella scorsa uscita si parlava di Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc, il grande architetto francese che nel XIX secolo fu uno dei maggiori teorici del restauro architettonico attraverso la sua vita “votata“ al Medioevo. Il francese si contrapponeva alle idee che furono, ad esempio, di Giorgio Vasari; l’artista aretino, nel XVI secolo, intendeva il Medioevo come un periodo di profonda decadenza ed era in buona compagnia.

Il Medioevo è "un’epoca buia" soltanto per chi la osserva con gli occhi chiusi, dopo 268 uscite di questa rubrica spero che il concetto sia emerso. Eugène era appassionato dal gotico e non restaurò soltanto le maggiori cattedrali di Francia, ma si impegnò anche nella scrittura di opere divulgative, che potessero spiegare la storia medievale e la teoria del restauro, con il fine di aprire gli occhi su un’età che non doveva essere considerata buia.

Come teorizza il restauro Viollet-le-Duc? Attraverso idee oggi non sono più accettabili, in linea di massima. Lo studio è importante, il restauratore deve conoscere la storia e attingere dalla fonte archeologica (e fin qui ci siamo), ma restaurare un edificio è anche "riportarlo a uno stato completo che potrebbe non essere mai esistito". In alcuni casi Viollet-le-Duc non rispetta i palinsesti pluristratificati, e demolisce forzatamente architetture post-medievali per ripristinare un “gotico“ esistito soltanto nella fantasia dell’architetto (artista, in questo caso).

Il restauro è spesso integrativo, si aggiungono interi corpi di fabbrica e si decidono volumi. Si entra nel falso storico, pur partendo da una architettura esistente. Oggi, in Italia, questo modo di progettare e agire non è lecito, mentre in altri paesi europei l’integrazione resta ancora fattibile, soprattutto se operata su siti fortificati.

(puntata 268)

Daniele Sacco