Una mappa rara svela finalmente come era Urbino a inizio Ottocento

Nel 1825 si decise di misurare buona parte del centro in vista della futura creazione di corso Garibaldi

Una mappa rara svela finalmente come era Urbino a inizio Ottocento

Una mappa rara svela finalmente come era Urbino a inizio Ottocento

Urbino è una città che ha sempre qualche cosa da svelare, specie se si indaga su epoche precedenti le trasformazioni urbanistiche che l’hanno modificata dall’Ottocento in poi. Alcuni piccoli segreti sono emersi recentemente grazie ad una mappa datata 1825, persa per decenni nel magazzino della famiglia Mariotti e donata alcuni mesi fa dagli eredi alla Pro Loco Urbino.

Nei giorni scorsi l’associazione l’ha presentata a soci e cittadinanza nel corso di un incontro, dopo averla restaurata. La pianta, fatta realizzare dall’ingegner Andrea Antaldi, non mostra l’intera città ma si limita a riprodurre, con estrema precisione, delle porzioni del tessuto urbano che in quegli anni si stava considerando di abbattere o modificare. Il motivo? Il progetto, che poi fu effettivamente realizzato, di corso Garibaldi e di allargare la strada che costeggiava le mura. Ma se dei successivi progetti e lavori si sa quasi tutto, fino ad oggi non era ben noto come fossero esattamente collocati alcuni edifici, strade e confini prima degli stravolgimenti. Questa mappa, grazie a una estrema precisione, unita ad una legenda che fornisce persino i nomi dei proprietari di orti e case, fa finalmente luce su tutto ciò. E così scopriamo che dove oggi c’è piazza della Repubblica vi era innanzitutto la grande mole quadrata della Fraternita di Santa Maria della Misericordia in Pian di Mercato: era la sede sociale (uffici, sale riunioni, cappella, magazzini) dell’antico ospedale cittadino, la cui sede operativa (l’ospedale vero e proprio) si trovava a metà di via Raffaello.

Accanto al palazzo della fraternita, all’incirca di fronte all’attuale caffè Basili in piazza, partiva un vicolo cieco che terminava con una piazzetta. Su di essa si affacciava l’antica confraternita di sant’Antonio Abate, con chiesa e canonica, confluita dopo la demolizione in quella di san Giovanni. Dalla attuale via Veneto, dove oggi c’è una loggia e l’ingresso della sede di Confcommercio, iniziava invece un altro vicolo, detto della Castellaccia, che, virando a sinistra ad angolo retto, scendeva ad un’altra piazzetta cieca, sulla quale invece si affacciavano casa Fumeri, casa Giovannini e la chiesa dei Sette Dormienti, altra antica confraternita che però con la demolizione cessò l’attività. Poi, dove oggi c’è il corso, erano tutti greppi scoscesi e orti privati. Il tutto all’ombra – nell’ordine – del vescovado, delle absidi del duomo e del giardino pensile di palazzo ducale, fino ad arrivare sotto i torricini, dove c’era uno spiazzo con un trivio: un vicolo, in salita come oggi, si infilava tra duomo e palazzo e arrivava in piazza duca Federico; un altro in discesa si collegava a via delle Stallacce (nella mappa è chiamato strada del ghetto) e una scaletta scendeva accanto al bastione della rampa, che all’epoca era occupato da un edificio: i magazzini dell’annona, ovvero i depositi pubblici del grano per i periodi invernali e di carestia. La Data, senza tetto, era un orto di proprietà degli Albani. Porta San Polo era uno stretto passaggio simile a quella di San Bartolo e l’apertura delle mura con la barriera del dazio non c’era: al suo posto, un altro bastione, piccolo e rotondo. Belli anche lo stemma civico sorretto da angioletti e il cartiglio con la scala metrica. Insomma, un prezioso elemento per la storia della topografia urbana da oggi disponibile alla consultazione.

Giovanni Volponi