Franco Battisodo libero del grande Bologna: "Pelè il migliore, Bernardini un esempio"

Il pesarese bandiera dei felsinei a New York sfidò il Santos: "Il campione brasiliano immarcabile, Giacomino un esempio per tutti"

Franco Battisodo, lei è tra i pesaresi che hanno a cuore Bologna, è così?

"Sì, avendo giocato nel Bologna tanti anni fa non ho mai dimenticato quella fantastica esperienza e il fatto che adesso la squadra viaggi verso la Champions è una bella soddisfazione. I miei figli spesso vanno a vedere le partite in casa e siamo rimasti sempre affezionati ai colori rossoblù"

Dove è cominciato tutto?

"A Pesaro nella Bedosti. Ci allenava Tombesi che magari aveva poca voce ma la cui passione e competenza erano palpabili. E’ stato lui a segnalarmi al Bologna, avevo 16 anni e ci mettemmo in auto con lui e con il signor Bedosti, fratello dell’ex giocatore di questa storica società pesarese"

Arrivati a Bologna e cosa succede?

"Vado alla Virtus, in via Valeriani, dove si allenava il Bologna in quel 1964, l’anno dopo avere vinto lo scudetto. Vedo miti come Amedeo Biavati, che aveva giocato anche in Nazionale, il brasiliano Raffaele Sansone, e Cesarino Cervellati, tutti ex campioni del Bologna che si occupavano di scoprire nuovi talenti. Mi fanno fare un provino. Subito una partitella con loro a bordo campo e qualche giorno dopo ci comunicarono che acquistavano Battisodo e Bianchi. Da quel momento ho cominciato a fare avanti e indietro da Pesaro Bologna due volte alla settimana"

Il primo contratto?

"Due anni dopo, e per forza di cose non potevo più fare su e giù con il treno. Mi sistemarono negli appartamenti della Virtus"

Quando l’esordio in serie A?

"A 18 anni in Coppa delle Fiere contro una squadra turca, al posto di Franco Janic, infortunato, che aveva giocato con il grande Gb Fabbri anche quella famosa partita persa dall’Italia con la Corea ai Mondiali. Avevo davanti gente come Caporale. Mi mandarono un anno a Cesena in B con Radice in panchina, fummo promossi in A e allora tornai a Bologna. Da allora ho giocato in rossoblù come libero per dieci anni in serie A"

I ricordi più belli?

"Il terzo posto in campionato, poi la vittoria in Coppa Italia nella finale contro il Torino. Io giocavo libero, Cresci era il mio stopper e in quel Torino i attacco c’era gente come Claudio Sala che era mio coetaneo. L’andata finì 1-1 e poi vincemmo in casa. Capitano era Bulgarelli: Giacomino era un campione vero, grande uomo e calciatore, simpaticissimo, un bolognese autentico, un esempio".

L’avversario più forte?

"Pelè, imprevedibile, immarcabile. Me lo sono trovato davanti nel corso di una tournée che facemmo con il Bologna in America, a New York e a cui parteciparono anche Santos e Manchester. Giocammo con il Santos, finì 1-1. Ricordò perfettamente Pelè, non riuscivi ad anticiparlo, né a capire cosa stesse facendo o pensando, era talmente superiore alla media che non era prevedibile né marcabile. Però con me non ha segnato e sono riuscito comunque a limitarne l’impatto. Diciamo che giocai quella partita con emozione. Vedevo sul campo il mito visto in televisione"

La fine della carriera a Pesaro...

"Sì in serie C. Ho provato anche a fare l’allenatore professionista ma non mi piaceva e così ho deciso di dedicarmi alla famiglia, al mio negozio di sport e all’arte con la ceramica"

Davide Eusebi

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