Il tiro da tre non c’è Ma soprattutto a latitare è la difesa

Lamb (guardia) 0 su 2 da tre; Sanford (guardia) 1 su 3 da tre; Larson (play), 2 su 6 da tre; Moretti (play-guardia) 2 su 6 da tre; Tambone (play-guardia) 1 su 1 da tre; Zanotti (ala grande) 0 su 1 da tre; Demetrio (ala grande) 0 su 3 da tre; Delfino (guardia-ala) 1 su 4 da tre. Il tutto porta a soli 7 canestri pesanti su 25 tentativi: la media è del 28%. Il che significa che se non si va al corpo a corpo, ma te la giochi dalla trincea, hai perso tutta la vita. Si potrebbe obiettare che il tiro dalla distanza è sempre mancato sostanzialmente alla Vuelle, tranne rare occasioni. Questa non è una novità, ma la differenza tra le partite vinte e quelle quelle perse allora dove sta? In un altro impatto fisico e difensivo che ha avuto la formazione di Banchi quando ha fatto la strisciata vincente: grandi rotazioni e pressione sempre costante sugli avversari. Per alcuni tratti partendo anche in pressing. Cosa che non si è vista nelle ultime gare dove il tono fisico, i raddoppi, la pressione su chi ha la palla in mano sono mancati o meglio si sono affievoliti.

La Vuelle che sembrava volesse guardare verso l’alto aveva fatto di questa sua caratteristica difensiva la sua grande forza. Una filosofia che riusciva a mettere anche in ombra il fatto che sul tiro dalla distanza si è sempre vissuto sulle prestazioni balistiche di qualche Carneade. Tutti fondalmente appesi alle prestazioni di Delfino. La sosta (forzata) ha rotto l’incantesimo? Possibile. Ha afflosciato i muscoli? Potrebbe, così come è vero che sono mancati gli stimoli: il traguardo di partecipare alla Coppa Italia. Questa la cornice, ma adesso è tornato il tempo di connettere nuovamente il cervello con i muscoli, perché la classifica è corta sia verso l’alto, ma soprattutto verso il basso.

m.g.