ALESSANDRA CODELUPPI
Economia

Sartoria chiude dopo 18 anni a Reggio Emilia: “Vorrei tramandare il mestiere”

Simona Panisi a fine anno andrà in pensione e abbasserà la saracinesca sull’attività di via Gorizia. “Da me vennero tante ragazze del Chierici per imparare a cucire e anche due giovani di Lione”

Simona Panisi, 56 anni, a fine anno andrà in pensione dopo 42 anni di attività e chiuderà la sua rivendita di stoffe e sartoria in via Gorizia 42/B: “Ho fatto questo mestiere per una vita”, racconta con orgoglio

Simona Panisi, 56 anni, a fine anno andrà in pensione dopo 42 anni di attività e chiuderà la sua rivendita di stoffe e sartoria in via Gorizia 42/B: “Ho fatto questo mestiere per una vita”, racconta con orgoglio

Reggio Emilia, 27 novembre 2024 – “Mi sarebbe piaciuto vivere all’epoca di Hubert de Givenchy, delle sorelle Fontana, di Yves Saint Laurent, di Valentino Garavani... ” Gli anni del bello cucito addosso, degli abiti eleganti, fatti su misura, esclusivi: un passato glorioso che Simona Panisi ha saputo far rivivere nei 18 anni in cui ha condotto l’attività da lei fondata. A fine 2024 la sua rivendita di stoffe e sartoria in via Gorizia 42/B, come annuncia lei stessa, “chiuderà”: lei andrà in pensione.

È l’ennesima serranda che si abbasserà per sempre nella nostra città, con il suo patrimonio di conoscenza professionale, servizio al cliente e apporto di benessere economico. “Il mio negozio, ‘I tessuti di Simona’, nacque come rivendita di tessuti di qualità in via Ferrari. Poi aggiunsi la sartoria nel 2011, quando aprii un atelier dentro i locali di via Gorizia su richiesta di molte clienti. Ho fatto questo mestiere per una vita – racconta la 56enne Panisi –. Disegno abiti e faccio la sarta”. Che cosa sia il suo lavoro lei lo spiega così: “Mi ritengo un’artigiana che ha in mano un’arte. Ho realizzato abiti unici, con tessuti di qualità medio-alta, arricchiti con pizzi e ricami: fino a qualche anno fa le donne cercavano questo”.

Difficile azzeccare le preferenze, valorizzare le forme, accontentare le richieste e magari indovinare anche quelle non esplicitate, ma non per lei: “Tentavo di capire i gusti, poi si iniziava a disegnare l’abito e ad abbinare le stoffe. Dopo alcuni giorni si faceva il cartamodello, poi si procedeva con la tela dell’abito rivestita addosso alla persona mettendone in evidenza i pregi. Poi c’era la seconda prova con le imbastiture e infine la confezione degli abiti. Si faceva e si rifaceva, ma ogni volta usciva un abito fatto solo e soltanto per quella persona”.

Quanto di più lontano dal fast fashion o dalle catene di abiti industriali cui la maggioranza ormai ricorre, ahimè, per il portafogli sempre più vuoto, per mancanza di tempo o di una vera cultura dello stile.

“Dopo il periodo del Covid ho avuto pesanti ripercussioni sull’attività. Tra il 2020 e il 2021 non si sposava più nessuno, il 2022 è stato così così e nel 2023 ho ripreso a lavorare molto. Ma ora compio 42 anni di attività e a fine anno mi ritirerò per andare in pensione”.

Nel periodo della pandemia, Panisi ha cucito migliaia di mascherine, in parte regalate e in parte vendute donando il ricavato al Core, il Centro oncoematologico di Reggio, al quale lei stessa si stava appoggiando per le cure. Tornata tempo dopo, e vedendo nella camera una delle venti televisioni acquistate grazie al suo impegno, l’emozione è stata forte.

La sua stessa storia è uno scampolo di quella della nostra città: “Reggio era un importante polo per la moda. Anche mia madre cuciva e lavorava per Max Mara. Io iniziai a 15 anni nei negozi in centro storico, quando ancora c’erano la capocommessa e la vicecapocommessa: lì affinai l’arte della vendita. Poi a 18 anni abbracciai la strada della sartoria”.

Quanta fatica e studio ci siano dietro un bel vestito, lei lo racconta così: “Quando chiesi la concessionaria di Ermenegildo Zegna, vennero i responsabili a visitare il negozio. Bisognava avere un certo tipo di clientela: da me venivano donne da Roma e da Milano, oppure andavo a domicilio”. Racconta spaccati di società ormai del passato: ad esempio “le signore che da Reggio andavano in estate ad aprire le loro case a Forte dei Marmi, partecipavano a cene e a feste eleganti e chiedevano abiti da sfoggiare per le differenti occasioni”.

E poi le “collezioni di stoffe presentate alle clienti offrendo buffet, un’iniziativa che ho sempre promosso per il cambio di stagione”. Trovare eredi è difficile, anche se Panisi ha fatto la propria parte: “Da me vennero tante ragazze dell’istituto d’arte ‘Chierici’ per imparare a cucire. E anche due giovani di Lione, di un’accademia di moda francese, hanno fatto uno stage da me. Sento parlare Brunello Cucinelli dell’importanza di trasmettere questo mestiere alle nuove generazioni per non farlo morire. Condividere il mio lavoro con i giovani potrebbe essere interessante”. Le chiediamo se abbia avuto clienti note, ma lei sorride: “Non si può dire, fa parte del segreto”.

Le strappiamo un nome: “L’ex assessore Natalia Maramotti veniva a vestirsi da me e mi invitava ad aprire in centro storico, ma i prezzi sono alti e la gente scappa: sono andata dal parrucchiere ma mi sono dovuta far venire a prendere. Sono figlia degli anni ‘80 e ‘90, il centro era bello ma è stato fatto morire”.

Ora è svendita totale di tessuti sino a dicembre (orari 10/13 e 16/19.30, giovedì chiuso), ma bando però a chiedere scampoli a pochi euro: “Sono prodotti italiani e di qualità”. L’ultimo pensiero va alle sue affezionate ‘muse’: “Ringrazio le clienti che ho servito in tutti questi anni e che mi hanno dato la possibilità di realizzare un sogno”.