"Sapevo che mi giocavo tutto: ce l’ho fatta"

Andrea Cassinadri nella prossima stagione arbitrerà le partite di Serie A2: erano 46 anni che ai vertici non c’era un fischietto reggiano

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di Gabriele Gallo

Sulla scia dei Maestri del fischietto a spicchi reggiano Pietro Reverberi, a cui è dedicato l’omonimo premio, e Gian Matteo Sidoli, il popolare "Santone" virtuoso sul parquet e grande esperto di lirica, Andrea Cassinadri, dopo 12 anni di brillante carriera, è approdato nell’elite degli arbitri di basket Nazionale. Con la promozione in serie A2 e la possibilità magari, col tempo, di raggiungere il massimo campionato.

Cassinadri, 31 anni, bibbianese, ha festeggiato la promozione con la compagna Veronica, Ufficiale di Campo, tra l’altro, e il figlio Leonardo.

Cassinadri, dopo sei stagioni in serie B, ci sperava di salire in A2?

"Ci speravo sì; perché ero in categoria da diversi anni, ho accumulato esperienza e sentivo che poteva essere l’anno buono per tentare il salto. E’ andata bene e sono davvero contento".

Quando la vedremo in serie A?

"Vedremo…chi lo sa!"

Sia sincero, è il suo sogno da arbitro?

"In realtà quando ho cominciato il mio obiettivo massimo era la serie B. Quando ci sono arrivato ho pensato: sono qui dove volevo essere, tutto quello che verrà da ora in poi sarà un successo. Sono andato oltre le mie aspettative, adesso mi godo il momento e vediamo cosa mi riserverà il futuro".

In che momento della sua carriera ha capito che poteva essere un arbitro in grado di salire in alto?

"Diciamo che essere promosso in serie D dopo pochi mesi da da quando avevo iniziato (nel 2010, ndr) mi ha fatto comprendere che ero sulla strada giusta e potevo fare un buon percorso".

Si ricorda la sua prima partita?

"Sì, era un under 17, a Salsomaggiore. Ero con Alberto Simonazzi (per anni istruttore dei giovani arbitri, ndr) che mi tenne a battesimo. Della gara non ricordo molto, quindi tanto male non deve essere andata. Ricordo però che il collega mi portò dopo il match a mangiare i tortelli per festeggiare il mio esordio".

La partita che le ha dato più gioia e non dimenticherà mai?

"La prossima che arbitrerò…" Come concilia la vita da arbitro con la famiglia?

"Grazie all’incredibile supporto dei miei familiari, in particolare la mia compagna che mi ha sempre spronato a continuare anche quando c’erano momenti di sconforto. Non mi ha mai fatto pesare le assenze, anche nei fine settimana e dopo la nascita di nostro figlio. Le devo molto, perché essere sereni è fondamentale per arbitrare al meglio".

Quali sono state le figure che più l’hanno aiutata nel percorso verso la serie A2?

"Più gli anni passano più aumentano le persone, nell’ambiente, che ti lasciano qualcosa. E tutti quelli che ho incontrato tra istruttori, osservatori, dirigenti arbitrali, hanno messo un mattoncino per la mia crescita. Se devo fare un nome, a simbolo di tutti, direi Basilio Muolo, il mio primo presidente al Gap di Reggio, e tra i primi a credere in me, promuovendomi subito in serie D dandomi grande fiducia. Attraverso lui ringrazio tutti".

Qualche episodio divertente nella sua carriera?

"Beh, ne capitano tanti. Se devo ricordare uno mi viene in mente una gara di serie B, a Cento. Mentre facevo riscaldamento pregara sentivo un ragazzo del pubblico chiamarmi in continuazione. Mi faceva notare che avevo i pantaloni strappati proprio…sul lato B. Ricordo che risolvemmo la cosa prima con gli adesivi con cui i giocatori si fasciano le gambe e poi, nell’intervallo lungo, me li cucì l’ufficiale di campo: che aveva in borsetta ago e filo. Emozionante fu invece quando, per una semifinale di Promozione, calcai per la prima volta il parquet del PalaBigi: ricordo che pensai, magari potessi arbitrare qui la Pallacanestro Reggiana un giorno…".

Dopo 46 anni un reggiano torna a fischiare in A2, sull’esempio di Reverberi e Sidoli. Un’eredità pesante?

"Un motivo di grande orgoglio, per me e per tutto il nostro Gap. E’ un onore essere anche solo accostato ad arbitri di quel calibro. Sono mostri sacri per me, io resto con i piedi per terra; sarà un grande stimolo almeno provare ad imitarli".