
Due immagini di Antonio Marcatelli
Rimini, luogo di mare e sogni, è stata la culla di tanti personaggi memorabili che hanno segnato il suo tessuto sociale con carisma e unicità. Tra questi, spicca la figura di Antonio Marcatelli, o meglio “Antuan”, come preferiva farsi chiamare. Il suo nome francese storpiato era un omaggio alla sua presunta conoscenza di "un sacco di lingue". Antuan non era solo un bagnino di salvataggio: era un’icona vivente, un volto conosciuto nel Borgo Sant’Andrea e nei bar di San Giuliano, un uomo che incarnava il folklore balneare della città. È morto lunedì scorso, aveva 84 anni. Oggi alle 10.30 il funerale, partendo dall’obitorio dell’ospedale Infermi per il Tempio crematorio di Rimini.
Antuan era un tipo strano, istrionico, di quelli che lasciano il segno. La sua vita sembrava uscita da un romanzo. D’estate, lo trovavi sulla spiaggia, con il suo moscone di salvataggio, a chiacchierare con turisti e turiste. Diceva di essere cintura nera di karate e non perdeva occasione per sfoggiare pose marziali che ricordavano film d’azione degli anni Settanta. Non mancava mai di accompagnare il tutto con aneddoti incredibili: tra le mille vite che diceva di aver vissuto, c’era anche quella di attore. E c’era chi gli credeva, perché Antuan aveva un fascino naturale, una presenza scenica irresistibile, tanto che qualcuno lo paragonava a un grande attore francese. Lui, ovviamente, non si tirava indietro da simili complimenti, anzi, li cavalcava con ironia e teatralità.
Le sue imprese divennero leggenda. C’è un video del 2006 che lo immortala mentre danza sul moscone e finge di cadere. Una scena surreale e divertente che culmina con una sua esclamazione: “Oscia ac cascheda!”, un’espressione in dialetto riminese che strappava risate a chiunque lo ascoltasse. Anche in questi momenti, Antuan dimostrava la sua capacità di trasformare il quotidiano in spettacolo, la vita in teatro. D’inverno, invece, scompariva dalla scena locale per andare "in giro per il mondo". Tra le sue mete preferite c’era il Venezuela, una destinazione che amava raccontare con dettagli che oscillavano tra il fantastico e il reale. Ma, nonostante le sue fughe esotiche, Rimini era il suo porto sicuro. Viveva da solo, aiutato dal fratello, ma era circondato dall’affetto dei suoi concittadini. Frequentava il bar del Borgo a San Giuliano come fosse il suo regno: lì giocava a carte, discuteva, filosofava. Antuan aveva una straordinaria empatia, era amico di tutti, un uomo capace di entrare nel cuore delle persone con la sua genuinità. Per chi l’ha conosciuto, Antuan era più di un bagnino, più di un uomo. Era un simbolo di quella Rimini che non c’è più, fatta di personaggi pittoreschi e di un’umanità vibrante che si esprimeva nella quotidianità. Era un pezzo del puzzle della Rimini balneare, una figura che incarnava lo spirito libero e creativo della città. Oggi, nel ricordarlo, non si può fare a meno di sorridere pensando alle sue pose marziali, alle sue storie improbabili, alle sue risate che risuonavano tra le onde. Antuan non era solo "bello come un attore francese"; era un’anima unica, una scintilla che ha illuminato le vite di chi ha avuto la fortuna di incontrarlo.