
Trattative per il nuovo governo. I Reggenti incaricano la Dc
Spetterà ancora una volta alla Democrazia Cristiana, questa volta in coppia con Alleanza Riformista, ragionare sul futuro del Paese. Passata l’euforia per aver addirittura migliorato il risultato rispetto al 2019 (dal 33,34% al 34,14 di oggi), il Pdcs, primo partito di San Marino, nella giornata di oggi riceverà l’incarico dai Capitani Reggenti per formare il nuovo governo. E, sussurrano i ben informati, la strada sembrerebbe già tracciata. E porta verso l’altra coalizione, quella formata dal Partito dei socialisti e dei democratici e da Libera/Ps. Per un governo di centrosinistra capace di mettere insieme 44 consiglieri (i 26 della coalizione Democrazia e Libertà e i 18 seggi di Psd insieme a Libera/Ps). Proprio come il precedente governo. Anche se ne basterebbero 35. Ma la Dc non vorrà di certo correre il rischio di avere una maggioranza risicata. La seconda ipotesi, anche se meno ’popolare’, è di una alleanza con Repubblica Futura (8 seggi conquistati) e Domani Motus Liberi (5 seggi). E qui si virerebbe più sul centrodestra. Per una nuova maggioranza con numeri meno abbondanti, ma comunque in grado di garantire la governabilità. Tutte ipotesi per il momento.
Almeno fino a quando il partito di Gian Carlo Venturini non darà il via alle consultazioni. Nelle quali si ragionerà sui programmi, ma soprattutto sono ovviamente i posti in Congresso di Stato a fissare realmente le regole del gioco. Che saranno ovviamente comandate dalla Democrazia Cristiana. Nella spartizione delle segreterie di Stato, a fare la voce grossa sarà anche dopo questa tornata elettorale il Pdcs che c’è da scommettere non vorrà farsi scappare i dicasteri di peso. Dagli Esteri alle Finanze, passando per il Territorio. E c’è già chi sussurra, preferenze alla mano, che rispetto al precedente governo quelle Segreterie potrebbero non cambiare ’padrone’. Ma la strada che porta al nuovo esecutivo è ancora lunga. Una strada che ha decisamente smarrito il movimento Rete passato in poco tempo da un’esperienza di governo al rischio di non superare lo sbarramento. Passando dal 18,23 del 2019 ad appena il 5,07 di questa tornata elettorale.