ANDREA MAIOLI
Bologna

Bologna, il Giappone si mette in mostra a Palazzo Albergati

Appuntamento da marzo con Hokusai, Hiroshige, Utamaro e le 'Storie d'amore e di guerra'

Alcune delle opere da marzo a Palazzo Albergati nella mostra ‘Storie d’amore e di guerra’

Alcune delle opere da marzo a Palazzo Albergati nella mostra ‘Storie d’amore e di guerra’

Bologna, 1 febbraio 2018 - Arthemisia, luci e ombre. «Ombre? Quali?», risponde Iole Siena, la first lady delle grandi mostre a Bologna, sede di Palazzo Albergati.

IL PROGRAMMA DI 'IN TE' IL FETSIVAL DEDICATO AL GIAPPONE

Una società del vostro gruppo che scompare...

«Arthemisia è composta di molte società e ognuna si occupa di un settore diverso: c’è quella che segue le mostre che produciamo, quella che si occupa delle sedi, quella preposta al lavoro all’estero...».

E Arthemisia Group che non c’è più.

«Arthemisia Group, con la quale avevamo realizzato diverse mostre, era già inattiva da un paio d’anni. Tutto nasce dal contenzioso con un’altra azienda italiana che ci deve diversi milioni di euro. Ormai da 4 anni. Per congelare la situazione si è deciso di procedere con un concordato nell’attesa che la causa seguita dal tribunale di Milano arrivi a buon fine: ma si prevedono tempi lunghi visto che, banalmente, la prima udienza continua a essere rimandata».

Dunque...

«Dunque il concordato: di fatto è come se si congelasse la società. Tutte le altre attività vanno avanti. È soltanto un tecnicismo».

Quindi nessun problema.

«Il rischio tenendo aperta una situzione così per tanti anni è che poi possa arrivare qualche incidente di percorso. Questo ‘congelamento’ non è influente dal punto di vista lavorativo. Tutto il resto va avanti».

Bene, allora parliamo delle luci. Andate avanti a Bologna con?

«Prima vorrei parlare dell’estero. Sono appena tornata dal Giappone dove abbiamo inaugurato la nostra prima mostra nel Sol Levante».

Quale?

«Quella di Brueghel che è stata anche a Bologna. È al National Museum di Tokyo. All’estero ci stiamo espandendo: in marzo apriamo la sede a New York. Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo aperte quelle di Madrid e Lisbona».

Torniamo a Bologna.

«Dalla fine di marzo a Palazzo Albergati inauguriamo una bellissima mostra legata al periodo Edo, l’ottocento giapponese: si chiamerà Storie d’amore e di guerra. Samurai, geishe, gli aspetti religiosi... una carrellata sul Giappone classico. Stampe, disegni, ma anche oggetti, pensi, più di 220 opere».

Curatore giapponese?

«Italiano, il grande studioso dell’arte giapponese Pietro Gobbi. Organizzeremo anche molte attività collaterali dalla cerimonia del tè alla creazione degli origami».

Mi sembra di capire che il Giappone la appassioni molto.

«Esatto. Guardi, la prima grande mostra in Italia dedicata a Hokusai la facemmo noi al Palazzo Reale di Milano ormai tanti anni fa. i Poi a Roma la prima mostra dedicata a Hiroshige...».

Nomi che immagino saranno anche nelle sale di Palazzo Albergati.

«Non possono mancare e con loro gli altri grandi di quel periodo come Utamaro, Kuniyoshi...».

Scenografia virtuale o reale?

«Il Giappone offre il fianco: daremo vita ad un’ambientazione giapponese per calare i visitatori nel’atmosfera giusta. A Roma ricostruimmo il ponte di legno, le case: lo faremo anche a Bologna, si entrerà a palazzo e ci si ritroverà catapultati in una stampa ottocentesca giapponese con un allestimento scenografico che non sarà virtuale».

Cambio radicale di scena invece per la mostra autunnale...

«Da settembre caleremo il pubblico nella New York anni Ottanta: ovviamente Andy Warhol ma non con le cose più risapute, con gli oli per esempio. Intorno la Grande Mela da addentare di quegli anni: lo Studio 54, le pubblicità Fiorucci, il punk, Madonna, Keith Haring, Basquiat. Opere, oggetti, foto per il racconto di un’epoca. La curerà Luca Beatrice».

Tra il Giappone e la New York anni ’80 lei si schiera con?

«Io sono pro Giappone. New York anni Ottanta? Troppo rock per i miei gusti».

La mostra che sta per chiudere su Magritte, Duchamp, Dalì?

«È partita più debole rispetto ad altre, ma alla fine dei conti chiuderemo intorno ai 150mila visitatori. È una mostra sofisticata, non facile... adesso la porteremo a Madrid».

Si volti indietro: quale mostra non rifarebbe?

«Non rifarei Barbie. Ho capito una cosa: a Bologna le cose un po’ più leggere non vanno».

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