Terremoto in Emilia, caccia agli avvoltoi dei contributi

La Procura sta verificando se vi siano domande indebite di rimborsi

Terremoto in Emilia, i danni a Pieve di Cento

Terremoto in Emilia, i danni a Pieve di Cento

Bologna, 22 maggio 2016 - Avrebbero spacciato ruderi di campagna in disuso da molti anni per capannoni o stalle in piena attività danneggiati dal sisma del 2012, chiedendo perciò alla Regione il risarcimento dei soldi per le ristrutturazioni. In realtà quegli immobili erano inagibili ben prima del terremoto che sconvolse l’Emilia, quindi i proprietari non avrebbero avuto alcun diritto ai fondi per la ricostruzione. Negli ultimi sei mesi sono poco meno di una trentina i casi di questo tipo che la Regione ha segnalato alla Procura, inviando la documentazione ai magistrati perché ritenuta sospetta o non veritiera. 

E i pm hanno aperto altrettante inchieste a carico dei richiedenti per i reati, tentati, di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato o, nell’ipotesi più grave, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Non è la prima volta che le Procure emiliano romagnole si occupano dei fondi per la ricostruzione. In questo caso si tratta di un settore specifico, quello agricolo, e i tentativi di truffa non sono riusciti perché la Regione ha stoppato la procedura senza sganciare un euro e segnalato tutto ai pm.

Si tratta di aziende agricole sparse per le quattro province comprese nel cratere del sisma: Bologna, Modena, Ferrara e Reggio Emilia. La competenza è però della Procura di Bologna, perché la sede della Regione è in città ed è qui che avviene il tentato raggiro.

I fascicoli sono sui tavoli dei pm del pool che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione. Dai tecnici della Regione non trapela nulla sulla vicenda, ma le richieste in questo settore sono state finora circa 2.100, quindi la percentuale di quelle (presunte) truffaldine è più o meno dell’1%. Meno di trenta casi, per un valore totale di svariate centinaia di migliaia di euro.

La procedura prevede di fornire la documentazione (perizie, valutazioni tecniche, certificazioni) relativa ai danni subiti, ai lavori svolti e ai relativi costi. Dopo, ovviamente, partono le verifiche dei tecnici di viale Aldo Moro per accertare la veridicità di quanto prospettato e dare il via libera al finanziamento.

Nei casi segnalati le verifiche, fatte in vario modo, anche attraverso lo studio delle foto dell’Ufficio cartografico, hanno evidenziato incongruenze. In qualche caso è emerso, ad esempio, che il capannone in questione era già un rudere in foto risalenti a metà degli anni 2000. Non poteva dunque essere stato danneggiato dal terremoto del maggio 2012.

Fatte le indagini, i magistrati potrebbero chiamare a rispondere degli eventuali reati non solo i proprietari degli immobili, ma anche i periti, qualora emergesse che erano compiacenti nel certificare il falso. E’ ovvio che gli interessati potranno anche dimostrare che, carte alla mano, quei lavori di ristrutturazione erano in effetti relativi a danni provocati dal sisma.

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