Gualmini: "I grandi campi nomadi vanno smontati. Sono d’accordo con Forza Italia e Lega"

La numero due della Regione: "Entro un anno la legge"

Elisabetta Gualmini (foto Schicchi)

Elisabetta Gualmini (foto Schicchi)

Bologna, 6 marzo 2015 - Assessore Elisabetta Gualmini (vicepresidente della Regione con delega al Welfare), tra gli obiettivi di mandato lei ha indicato il superamento dei grandi campi nomadi in Emilia Romagna, grazie all’approvazione di una nuova legge regionale. A che punto siamo?

«Abbiamo ripreso in mano il progetto di legge della vecchia giunta (che non fu mai votato dal consiglio regionale a causa delle dimissioni di Errani; ndr). L’intenzione è di andare avanti e sto compiendo tutti i passaggi necessari per approvarla».

La legge sarà pronta quando?

«Come obiettivo ci siamo dati il primo anno di mandato. Poi se riusciremo a fare prima, tanto meglio, anche perché esiste una strategia europea per l’integrazione delle popolazioni rom e sinte, datata 2011, che invita i Paesi, e dunque a cascata le Regioni, a trovare nuove soluzioni entro il 2020. La Regione, grazie al lavoro dell’assessore Teresa Marzocchi, ha già predisposto progetto di legge e strategia regionale che recepiscono norme europee e nazionali. Il cammino è già avviato».

Si arriverà a superare gli odierni campi nomadi?

«Certo. La vecchia idea delle grandi aree, anche se va detto che le strutture con più di cento persone sono appena due in Emilia Romagna, non sta più in piedi. Su questo sono abbastanza d’accordo con quello che sostengono Forza Italia e Lega. Quando ci sono numeri di questo tipo le tensioni crescono e i conflitti si moltiplicano. I campi come li abbiamo conosciuti fino a oggi non possono più essere un modello».

Quanto successo in città e a San Lazzaro sembra essere lì a dimostrarlo.

«Gli episodi di criminalità e di illegalità, peraltro perpetrati da cittadini italiani, sono sconcertanti e assolutamente da condannare. Un plauso alla Guardia di finanza che ha fatto benissimo il suo lavoro».

Intanto, però, i Comuni continuano a pagare per le bollette, soprattutto dell’energia elettrica, dei campi.

«Questo non è così ovunque. Non tutti i Comuni continuano a elargire somme di denaro per pagare le utenze dei campi nomadi. Via via le amministrazioni stanno cercando delle nuove soluzioni per cambiare questo stato di cose».

Dove, per esempio?

«A Modena tutti i vecchi campi sono stati ufficialmente chiusi a partire dallo scorso dicembre».

E i loro occupanti dove sono finiti?

«Tutte le popolazioni nomadi sono state trasferite nelle cosiddette micro-aree, dove pagano le utenze senza che debba intervenire il Comune. Alcune famiglie, addirittura, hanno scelto di andare a vivere in appartamenti».

Modena come modello?

«È l’esempio da seguire».

Però isolato, almeno per ora. Altrove, come a Bologna, si continueranno a pagare le utenze almeno per un altro anno, a essere ottimsti.

«In parte è vero, ma nei campi medio-grandi è stato raggiunto un accordo tra i Comuni e l’Autorità per l’energia che fissa una cifra a forfait per il pagamento dell’elettricità. In questo modo si tratta di una spesa più sostenibile».

L’indagine delle Fiamme gialle ha messo in luce un quadro sconcertante, considerato anche che si tratta di strutture comunali. Non è che sono mancati i controlli a monte da parte delle istituzioni?

«Qualcosa non ha funzionato, anche se questo non significa chiedere le dimissioni dell’assessore Frascaroli. Non sempre i Comuni hanno gli strumenti adeguati per controllare certe situazioni».

Ci saranno misure specifiche nella futura legge regionale per incentivare i controlli?

«Il progetto di legge deve ancora essere presentato in Assmeblea, quella è la sede dove possiamo arrivare a modifiche su questo aspetto e avere un testo il più possibile condiviso».

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