Un futuro ai giovani con l’agricoltura sociale

La nuova ‘rivoluzione’ dell’instancabile don Franco

Don Franco

Don Franco

Fermo, 14 agosto 2015 - Ha gli occhi stanchi che non riesce a spegnere nemmeno uno dei tanti sogni che ha, lo tengono sveglio la notte. Non si rassegna al tempo che passa don Franco Monterubbianesi, 84 anni, 59 di sacerdozio da festeggiare il prossimo 19 agosto, nella grande casa di Capodarco che ha aperto per primo, cambiando di fatto il modo di intendere le politiche sociali in Italia.

Oggi si sta di nuovo ad un punto di svolta, bisogna pensare ad un cambiamento nell’economia che consenta alle persone più fragili di trovare spazio, ma anche di salvare il mondo che c’è. E, allora, don Franco sogna un progetto grandioso di agricoltura sociale e sostenibile, da portare avanti tra Fermo e il Fermano, con la città capoluogo che si fa capofila di un discorso più complesso. Nei giorni scorsi l’instancabile sacerdote ha incontrato il sindaco Paolo Calcinaro, per una proposta precisa. Di che si tratta?

«A Fermo - spiega - c’è la straordinaria esperienza di Monte Pacini, con Marco Marchetti e i disabili che stanno mettendo in piedi una vera fattoria sociale, un luogo di autonomi a e di crescita. E poi c’è la terra di Rocca Montevarmine, un luogo che deve trovare una sua storia, un senso vero. A mio avviso, il destino di quella terra è legato a Monte Pacini e al mio progetto di agricoltura sociale che sta prendendo piede e sta coinvolgendo sempre più realtà».

Già negli anni ‘80 don Franco ha fondato la cooperativa “Ritorno alla terra”, per aiutare soprattutto i giovani a capire che lavorare i campi, solcare la terra, è un lavoro nobile, importante, bello. Oggi a che punto siamo? «Ci sono otto comuni pronti a fare parte di questo progetto, Montegiorgio, Falerone, Servigliano, Amandola, Santa Vittoria in Matenano, Grottazzolina, Smerillo e Sant’Elpidio a Mare. Ci sono associazioni che si impegnano e crescono, cerchiamo una integrazione reale delle fragilità. Fermo dovrebbe farsi capofila di questo gruppo, con i suoi 600 ettari di Monte Varmine che sono stati donati proprio per fini sociali. C’è l’Iti Montani con la sezione di Agraria di Montegiorgio, ci sono tutti i tasselli necessari a costruire qualcosa di grande. L’idea è di portare poi quei prodotti biologici sulle mense delle nostre scuole, per creare davvero una cultura del vivere sano, da condividere con tutti. Ci sono i piani di sviluppo rurale, il Comune diventerebbe azienda agricola e diventa beneficiario di fondi importanti».

Si lotta così contro la povertà, contro la disperazione dei giovani che sentono di non avere futuro, partendo da Palazzo Monti a Servigliano: «Servigliano è città di storia e di cultura, città di accoglienza. A Palazzo Monti bisognerebbe fare formazione, far crescere i giovani, portarli oltre l’indifferenza che porta solo odio. Nel ‘68 coi giovani e con i disabili fisici che però era portatori di grande intelligenza abbiamo cambiato il sociale, abbiamo scritto leggi fondamentali. Io credo che oggi sia di nuovo il tempo, oggi serve una nuova rivoluzione che rimetta quei giovani al centro».