Omicidio di Modena, il racconto choc delle amiche di Betta

Chi conosceva la donna uccisa parla delle sue paure e dell’incapacità di liberarsi di quell’uomo. "Contro di lui tante denunce ma lei è rimasta sola"

Giovanna Zani di ‘Tric e Trac’, il laboratorio frequentato da Bernadette Fella (Fiocchi)

Giovanna Zani di ‘Tric e Trac’, il laboratorio frequentato da Bernadette Fella (Fiocchi)

Modena, 29 giugno 2016 - «E’ venuta da noi la settimana scorsa. Ci ha mostrato i segni, i soliti, quelli che lui le lasciava sul corpo e nell’anima. Le aveva rotto i denti con un pugno e lei temeva che presto l’avrebbe ammazzata». Denunciano l’indifferenza delle istituzioni Giovanna Zani e Antonella Tosi, le volontarie del laboratorio di riciclaggio e riuso creativo per la città sostenibile Tric e Trac di cui faceva faceva parte anche ‘Betta’ Fella, che in passato aveva lavorato in diversi asili a Modena, Campogalliano, Rubiera.

«Ce lo diceva sempre che nessuno la proteggeva nonostante le denunce – affermano – era una persona mite, buona. Era appena tornata da un viaggio all’estero, era andata a trovare il figlio; le mancava tanto. Aveva paura di essere uccisa e continuava a denunciare i maltrattamenti a cui l’uomo la sottoponeva, ma nessuno si è mai mosso per fermarlo. Era una persona umile e generosa, ma fragile. Sarebbe bastato poco per salvarle la vita, ascoltandola e non facendola sentire ancora più sola. Noi cercavamo di consolarla, esortandola a chiudere per sempre quel rapporto. Anche lo scorso anno – raccontano – lui l’aveva ridotta in condizioni drammatiche, rischiando di ammazzarla. Ora è riuscito nel suo intento dinanzi ad una pericolosa indifferenza».

Anche una delle più care amiche della vittima denuncia un presunto immobilismo degli organismi competenti. «Non è mai stata ascoltata neppure dai servizi sociali, eppure vedevano i lividi – spiega Grazia Mansueta, di Serramazzoni – mi chiamava spesso la sera, diceva che lui le rubava i soldi, le manometteva l’impianto elettrico».

Secondo la donna più volte Bernadette si era rivolta alle forze dell’ordine, anche nell’ultimo mese. «Chiamava me e il mio compagno chiedendo di aiutarla a mandarlo via; non lo voleva più in casa. Si sentiva abbandonata da tutti e voleva soltanto potersi rialzare. Insieme facevamo i mercatini dell’usato – racconta ancora – e poco tempo fa io e i miei figli siamo stati in quella casa per aiutarla a raccogliere gli oggetti di cui si voleva liberare. Siamo scese in cantina, quella cantina. Pensare che tra gli elettrodomestici rotti c’era proprio il frigo che, insieme, avevamo deciso di buttare. Mi sento male al pensiero che proprio lì dentro, ieri, è stato trovato il suo corpo».