Ceti produttivi contro il Pd?

Il punto

Pesaro, 24 maggio 2015 - Gian Mario Spacca viene dalla tradizione democristiana, che lui cerca di rivestire di ‘civismo’ in questo delicato passaggio polico. Tradizione fortemente forlaniana nelle Marche, capace negli ultimi anni di adattarsi alla convivenza con gli ex-nemici di eredità comunista. Se ha giocato d’azzardo lo scopriremo solo nella notte di lunedì 1 giugno. Se invece il suo essere sulla breccia da 25 anni sarà foriero di un successo elettorale personale, capace di rovesciare i pronostici della vigilia, dovremo tutti fargli grandi complimenti. Anche perché chi gioca d’azzardo e vince va comunque in qualche maniera ammirato.

Poteva uscire in tante altre maniere meno cruenti il governatore degli ultimi due lustri delle Marche. Senza le accuse di essere un voltagabbana e senza le ironie degli inviati dei grandi giornali che hanno scoperto il laboratorio Marche. Il ritorno del centro come novità politica in uno scenario non più bipolare. L’ex-democristiano che dà del quasi comunista a caccia di egemonia a Matteo Renzi. La capacità di mettere insieme i territori marcatamente democristiani contro quelli post-comuniti del pesarese. Tutto legittimo e anche comprensibile. Mentre lascia dei dubbi il suo presentarsi come unico rappresentate dei ceti produttivi con cui, non raggiungendo l’accordo con Marche 2020, il Pd avrebbe voluto rompere quella che Spacca chiama un’alleanza. «Un Pd tornato assistenzialista e ridistributore del reddito». Al contrario di Spacca e del suo ‘centro’ che sta con i produttori del reddito. Dando l’idea, probabilmente sbagliata, di essere più vicino ad un lobbysta che cura gli interessi di imprenditori piccoli e grandi che un politico che guarda alla società nel suo complesso.

Un’idea parziale, forse anche sbagliata. Ma questo insistere di continuo sulle necessità dei ceti produttivi, fino ad arrivare ad allearsi con Forza Italia in quanto rappresentante di una parte di quel mondo, dà un’impressione riduttiva di un’operazione che, politicamente, potrebbe avere un altro respiro. Soprattutto in un momento in cui i ceti produttivi appaiono in ritirata per tanti motivi. In prima fila proprio coloro con cui lo stesso Gian Mario Spacca ha diviso a lungo la rappresentanza politica. Evidentemente questo mondo, anche dopo diversi lustri di coabitazione, non si fida di un Pd a trazione pesarese, o meglio non si fida di chi da gregario vuole diventare capitano e magari dare le carte. Resta da capire quante sono le ‘divisioni’ dei ceti produttivi che scenderenno in battaglia. E se, davvero, Gian Mario Spacca da solo vale più di un partito di centro. Vedere per credere.