Grazia Buscaglia
Cronaca

Lucciole con la partita Iva, il fisco mette in regola anche le prostitute

L’inquadramento è ‘altri servizi alla persona’

Escort (Foto di repertorio Germogli)

Escort (Foto di repertorio Germogli)

Rimini, 5 maggio 2015 - Libera di prostituirsi, ma con la partita Iva. Non si sfugge alla dura legge delle tasse, inevitabili come la morte, come affermava Thomas Chandler Haliburton.

E pur di far pagare anche a loro i balzelli che noi comuni mortali versiamo, da sempre, alle casse dello Stato, a qualche lucciola riminese, (dovrebbero essere al momento cinque in tutto) di recente l’Agenzia delle Entrate ha persino aperto la partita Iva. E la categoria in cui sono state inquadrate è presto detta: altri servizi alla persona, senza scendere nel dettaglio, sia chiaro. D’altronde da qualche mese le «belle di notte» della nostra provincia erano entrate nel mirino, prima della Guardia di Finanza e poi dell’Agenzie delle Entrate.

A escort di lusso e lucciole storiche di strada, senza alcuna distinzione di sorta, in questi ultimi mesi stanno effettuando verifiche fiscali. Gli uomini dell’Agenzia delle Entrate, su segnalazione spesso delle Fiamme Gialle, hanno voluto vederci chiaro su quello strano flusso di denaro presente su molti conti correnti bancari e senza una reale giustificazione. Le prime lucciole colpite dalla verifica fiscale hanno già ricevuto l’accertamento con tanto di contestazione. Come è accaduto a un paio di «belle di notte», assistite dall’avvocato Marco Lunedei che si sono viste contestare estratti bancari del 2011. «A una mia cliente–spiega l’avvocato Lunedei– hanno contestato 27mila euro che la donna aveva versato in banca quattro anni fa. Quando si è presentata negli uffici, ha detto di fare la prostituta, ma non è bastato».

Anche la signora deve pagare le tasse. Come tutti. E le hanno aperto, d’ufficio, tanto di partita Iva. Secondo i verificatori dell’Agenzia delle Entrate, quei 27mila euro sarebbero tutti «guadagnati» e quindi soggetti a essere tassati. Una parte di questi soldi sarebbero dovuti all’Irpef, altri all’Iva al 22%, più diverse sanzioni per non aver presentato la dichiarazione dei redditi nel 2011. Dulcis in fundo, andrebbero pagati anche 6-7mila euro di contributi dovuti all’Inps. Insomma, alla signora lo Stato avrebbe chiesto, tra multe e contributi, la bellezza di 23mila euro sui 27mila guadagnati.

La signora, come altre sue colleghe, si è ribellata. «Presenteremo ricorso alla commissione tributaria provinciale, chiedendo la cancellazione di tutto il provvedimento. E’ un lavoro non regolamentato e non consentito», preannuncia l’avvocato Lunedei.

Lei, la lucciola con la partita Iva, ne avrebbe tante da dire e raccontare: «Non sono tutelata per nulla. Vorrei tanto pagare le tasse ed avere la mia bella pensione Inps, come tutti i lavoratori. Mi ritirerei volentieri dal mercato del sesso, ma non posso. Mi sembra solo una grande beffa questa storia della partita Iva».