Cei, Zuppi: "Report sugli abusi. Ecco le linee guida per tutelare i minori"

Il neo presidente dei vescovi italiani vara la linea dell'ascolto, anche se non ci sarà una commissione indipendente

Roma, 27 maggio 2022 - Chi pensava che la Chiesa dell'ascolto auspicata dal cardinale Zuppi fosse solo di facciata resta a bocca asciutta. Subito, più ancora che per le parole del neo presidente Cei alla sua prima conferenza stampa per il modo in cui don Matteo si è trovato a gestire il faccia a faccia (imprevisto) col portavoce delle vittime dei preti pedofili. Il leader della Rete L'Abuso riesce a immischiarsi ai cronisti accorsi all'Istituto Maria santissima bambina. Al momento delle domande, ottiene il microfono e sfodera il suo dissenso. "Vieni, incontriamoci, se avete dei casi che non sappiamo, fateceli conoscere. Per noi la prescrizione morale non esiste": non si scompone l'arcivescovo di Bologna a suo agio anche fra sciabolate e colpi di fioretto verbali.

Si tratta del primo invito al dialogo che arriva dalla presidenza Cei a una realtà che, senza fare sconti o rinunciare a dure contestazioni, calcola "164 sacerdoti indagati, 162 condannati in via definitva, circa 30 vescovi insabbiatori e 161 nuove segnalazioni da inizio anno". "Zuppi ci ha sorpresi, anche se resto deluso dalla strategia della Cei per combattere la pedofilia, lo incontrerò", commenta così Zananrdi lo stile immediato che ha reso l'arcivescovo popolare, prima nelle borgate romane, poi sotto le Due Torri.

Che la linea della Chiesa nella lotta alla pedofilia sia cambiata con l'arrivo al timone dell'arcivescovo di Bologna, abile a capitalizzare e ad accelerare una volontà di rinnovamento avviata dal predecessore Gualtiero Bassetti, lo si evince anche dai cinque punti di azione con cui i vescovi vogliono ora affrontare una piaga su cui si giocano la loro credibilità agli occhi dell'opinione pubblica. Assi portanti di un cambio di passo varato in assemblea generale che, se ancora non allineano la Cei agli episcopati di Francia, Stati Uniti e Spagna, porta comunque la Chiesa fuori dal tunnel del segreto d'ufficio sul dossier pedofilia. Anche se non ci sarà una commissione indipendente sugli abusi, l'episcopato ha deciso di promuovere uno studio in due parti ui casi commessi in Italia. In primo luogo verrà stilato un report per il biennio 2020-2021 sulle attività di prevenzione e sulle violenze segnalate ai Servizi diocesani e interdiocesani. I dati saranno raccolti e analizzati da un Centro accademico di ricerca in criminologia e vittimologja. Il documento avrà cadenza annuale e sarà presentato entro il 19 novembre, giornata per le vittime della pedofilia. Entro lo stesso termine sarà confezionato un'analoga indagine sui casi portati all'attenzione, stavolta nel periodo compreso fra il 2000 e il 2020, della Congregazione per la dottrina della fede, dicastero vaticano competente per la giustizia canonica. Anche qui si sfrutterà la collaborazione di istituti di ricerca indipendenti. Per entrambi i dossier sarà fondamentale una piena partecipazione degli archivi diocesani. 

"Vogliamo perseguire una via italiana che non si limiti solo a un mero dato quantitativo, ma sottolinei anche l'aspetto qualitatitivo del fenomeno senza andare a vedere circostanze di 80 anni fa, fatti avvenuti tra l'altro in contesti sociali differenti - è la riflessione di Zuppi a chi obietta il lasso temporale ridotto dell'inedita ricerca che sarà condotta dalla Cei -. Non vogliamo discutere se ciò di cui trattiamo sia o meno pedofilia. Ci preme fare è qualcosa di serio che non abbia troppo ius altrimenti rischia di diventare iniuria".

Gli altri punti di forza del nuovo corso Cei consistono nel rafforzamento della rete dei servizi diocesani anti-pedofilia, nell'implementazione dei centri di ascolto (presenti in sette diocesi su dieci) e, da ultimo, nella partecipazione dell'episcopato all'Osservatorio permanente contro gli abusi istituito presso il ministero della Famiglia. 

Cinque mosse, cinque esempi di una Chiesa che Zuppi vuole assolutamente in ascolto. Così all'interno, dove rilancia il cammino sinodale italiano nell'ottica di una sinergia fra primato pettino, collegialità episcopale e sinodalità, cosi all'esterno. "Alcuni preti mi rimproverano sostenendo che noi dobbiamo dire - il cardinale muove al nodo del rapporto fra Chiesa e mondo -. Vero, ma prima ancora dobbiamo ascoltare. Anni fa ero a Trastevere e un'anziana popolana mi iniziò a parlare con foga, io per la verità ero un po' distratto. A un certo punto lei ha incominciato a inveire con termini irreperibili per poi sbottare: 'Ma allora mi stai a sentì? Mi vuoi ascoltà?' Che dire, aveva aveva ragione: alle volte sembra che noi uomini di Chiesa non ascoltiamo. E invece dobbiamo metterci in ascolto, farci ferire da quello che ascoltiamo".