Nel deposito di gas. I custodi del metano: "Aiuteremo l’Italia a superare l’inverno"

Nostro viaggio nel maxicentro di stoccaggio alle porte di Lodi. Le scorte stivate in un giacimento esaurito ora tornato in attività

Cornegliano Laudense (Lodi), 2 novembre 2022 - Pensiamoci, quando accendiamo il fornello per farci il caffè: è possibile che il gas metano che stiamo usando sia passato di qui, prima di arrivare a casa nostra. E di qui vuol dire da Cornegliano Laudense, qualche cascina e tanti terreni a due passi da Lodi. In superficie non vedi niente se non campi coltivati alla perfezione. Ma sotto, a circa 1.500 metri di profondità, la terra custodisce uno dei più grossi depositi di gas d’Italia: un giacimento naturale esaurito dentro al quale l’uomo è capace di stoccare, in via teorica, oltre un miliardo di metri cubi di metano. Con un obiettivo: fare in modo che il Paese superi l’inverno senza entrare in crisi energetica.

Gas, bolletta di ottobre 2022 meno cara. Arera: "Scenderà del 12,9%"

Migration

Crisi energetica, le contromisure del governo. Sul piatto trenta miliardi di aiuti

Dalla terra alla Luna

In questo momento , per essere precisi, ce ne sono 350 milioni di metri cubi. Facile da scrivere. Ma, poi, quanti sono 350 milioni? Un esempio, per capire: sono 350 milioni di scatole larghe un metro, alte un metro e profonde un metro. Se le mettessimo una in fila all’altra arriveremmo a coprire la distanza tra la terra e la luna. Ben arrivati, allora, nel deposito di metano di Ital Gas Storage, la società italiana controllata dal fondo F2I. Infili le scarpe antinfortunistiche, indossi la tuta antistatica, metti il caschetto, inforchi gli occhiali di protezione e sei dentro l’impianto di stoccaggio più moderno d’Europa, realizzato con un investimento di oltre un miliardo di euro. Un centro dove puoi toccare con mano tanta tecnologia italiana, un sapere (quelli bravi dicono know how ) che ci ha fatto conoscere nel mondo. Nella fase di costruzione ci ha lavorato molto la Saipem. Il punto di collegamento con la rete gas nazionale è stato realizzato dalla Snam. E Terna, invece, si è occupata direttamente della realizzazione della connessione elettrica in alta tensione che alimenta l’impianto. 

La notte dei tempi

"Qui sotto in realtà – spiega Simone Benvenuti, l’ingegnere fiorentino che dirige lo stabilimento – il metano c’è sempre stato: si formò nel periodo del pleistocene, tra i tre e i cinque milioni di anni fa. Allora c’era il mare in gran parte della pianura padana. Gli esperti di tutto il mondo hanno una certezza: il posto più sicuro dove stoccare il gas è proprio nei giacimenti, dove è rimasto inerte e stabile per milioni di anni". Sbaglierebbe, tuttavia, chi volesse pensare al giacimento padano come a una grande cavità vuota. "Non è così – precisa Benvenuti –. Là sotto ci sono rocce porose e sabbia marina compressa. Il 30 per cento di quel volume è costituito da microcavità vuote, ed è in quelle cavità che il metano si insinua". Sotto al giacimento si trova acqua di profondità e al di sopra uno strato di 400 metri di argille impermeabili, un tappo capace di isolarlo perfettamente.

L’intuizione di Mattei

Fu Enrico Mattei , il fondatore dell’Eni, a far scavare nel 1951 il primo pozzo di Cornegliano e a trovare il metano. "Il giacimento – incalza il direttore – fu usato per oltre trent’anni e poi dismesso. All’inizio la pressione del gas superava i 160 bar, alla fine era scesa a 90. Noi, iniettando gas, di fatto lo stiamo riportando al suo equilibrio originario". Qualche numero, per intender si: un milione le famiglie che possono essere servite per un anno intero con il gas stoccato sotto ai nostri piedi; 60, in Europa, gli impianti di stoccaggio che usano giacimenti naturali, e 14 di questi sono in Italia. Sei chilometri quadrati, l’area del giacimento di Cornegliano. Quattordici i pozzi, tredicimila le tonnellate di acciaio utilizzate nell’impianto realizzato con 2,4 milioni di ore di lavoro.

Come funziona

Ora , il punto è: come funziona una struttura così complessa? Ci aiutano a capirlo anche con un modellino in scala. Ma la risposta è insolitamente semplice: come un grande polmone. Da aprile a ottobre il gas viene pompato nelle viscere della terra per essere conservato, e il polmone inspira. Da novembre a marzo, invece, viene prelevato e immesso nella rete gas nazionale, e il polmone espira. A Cornegliano, inoltre, è possibile passare dalla fase di immissione a quella di estrazione del gas in meno di un’ora, e questo è un grande vantaggio industriale che fornisce sì flessibilità al sistema e risparmio sui costi in bolletta: se nel fine settimana i consumi calano, ad esempio, è possibile immagazzinare gas per un paio di giorni senza perdere ore preziose.

Dalla sala di controllo , una postazione tutta monitor e computer che ricorda i centri delle missioni spaziali, è possibile sorvegliare l’intero processo. Quasi tutto, qui dentro, può essere controllato e comandato a distanza. E grazie a questo insieme di tecnologie il metano viene pompato da quattro grandi compressori collegati ai 14 pozzi di prelievo o di immissione. I compressori sono dentro una struttura azzurra, a forma di cubo. Giganti di ferro e acciaio lucidissimo, 20mila cavalli di potenza ciascuno. Possono movimentare fino a 28 milioni di metri cubi di gas al giorno. Ital Gas Storage non commercia gas, lo custodisce: sono i suoi clienti a comprarlo in tutto il mondo e a farlo stoccare.

Il cuore

Poco distante dai compressori, il cuore dell’impianto: i pozzi di collegamento con il giacimento. Appaiono esternamente come delle gigantesche pompe verdi, con numerose valvole, alla testa di un tubo di poco meno di 20 centimetri di diametro e lungo un chilometro e mezzo. "Tutti raggiungono il medesimo giacimento, ma ciascun pozzo – è ancora la voce di Benvenuti a spiegare – ha le sue caratteristiche. Quello che rende di più e quello che rende un po’ meno. Quello che col metano riporta in superficie un po’ di acqua e quello che ne presenta pochissima. Noi li conosciamo bene e li gestiamo singolarmente". Tutto , qui, è stato progettato pensando alla sicurezza e all’ambiente. Andrea Sitia è l’ingegnere chimico responsabile della salute, sicurezza e ambiente. Orlando Cusati, invece, è l’ingegnere – qui tutti sono ingegneri, o comunque tecnici altamente specializzati – responsabile della manutenzione. "Abbiamo calcolato – dice Sitia – le emissioni in ambiente dello stabilimento. Sono equivalenti, nel corso dell’anno, a quelle prodotte da 800 mucche. Di fatto è un sito che non inquina".

I timori superati

L’acqua di risalita dal giacimento, salata come quella di mare, viene trattata e gestita come rifiuto non pericoloso. Quella che piove sull’impianto finisce in vasche di depurazione. Sarà forse anche per questo che lo stabilimento non fa più paura. All’inizio non erano pochi i cittadini che temevano conseguenze pesanti per l’ambiente. E l’opposizione dei comitati no gas era stata durissima. Poi, però, le cose sono cambiate. "La grande fortuna – spiega Orlando Cusati, che ha studiato in Venezuela dove i genitori erano emigrati – è stata poter pensare e impostare i piani di manutenzione già durante la realizzazione dell’impianto. Abbiamo messo a punto un software che ci indica dove intervenire giorno per giorno. È un grande vantaggio".

I muri

Spessi muri in cemento armato dividono le aree del sito, e altri muri alti tra i cinque e gli otto metri separano lo stabilimento dal resto del territorio. "Sono progettati – riprende Sitia – per fronteggiare qualsiasi possibile scenario, come un eventuale incendio. Sono fatti in modo che tutto rimanga confinato all’interno dello stabilimento senza alcun effetto esterno". Vernici ignifughe, “cappotti” gialli e grigi in materiale non infiammabile proteggono i sistemi più delicati. Una rete di oltre ventimila segnali verifica in continuo il funzionamento di ogni cosa. "Ogni scelta, ogni azione – conclude Sitia – è pensata per garantire la maggior sicurezza possibile". Tutto, in fondo, per rispondere a una sola domanda: ce la faremo a superare questo inverno, con la guerra dell’energia che scuote l’Europa? "Noi stiamo lavorando anche per questo", sorride il direttore Simone Benvenuti. Il 10 novembre inizierà l’attività di estrazione e di distribuzione attraverso la rete italiana. A marzo si saprà com’è andata. Sperando (anche) nel bel tempo.