L’imprenditore pratese in fuga dall’Ucraina "Posti di blocco e spari. Corsa verso il confine"

Vangi dopo dieci giorni ha lasciato il bunker assieme alla moglie e alla figlia di 9 anni, iniziando un lungo viaggio verso la Romania

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"L’Ambasciata italiana ha iniziato ad inviare in continuazione messaggi chiedendo di abbandonare la città. Stavolta ci siamo detti: andiamo via subito, appena finisce il coprifuoco per non rimanere bloccati come dieci giorni fa. Alle 22 di sabato ci siamo messi a fare le valige, mettendo dentro quello che si poteva". Inizia così la fuga da Chernihiv, nella regione di Chernigov, al confine con la Bielorussia, dell’imprenditore tessile pratese Mirko Vangi. Ieri mattina alle 6 in punto era già in auto, insieme alla moglie e alla figlia di 9 anni, dopo aver trascorso una settimana chiuso dentro un bunker, il rifugio che li ha messi in salvo dalla follia della pioggia di missili, bombe e di esplosioni. "Insieme a una lunga colonna di macchine ci siamo avviati verso l’unico ponte rimasto in piedi, dove c’è un importante posto di blocco", racconta Vangi, 43 anni, che parla con la voce più sollevata dopo l’incubo dei giorni e delle notti trascorse sotto terra in attesa di trovare il momento opportuno per scappare e mettersi in salvo con la famiglia. "I corridoi umanitari non sono stati aperti, ma la sollecitazione dell’Ambasciata ci ha spinto a decidere - prosegue - Non è stato facile neppure attraversare il ponte. Abbiamo atteso dalle 6.30 alle 10.30: toccava ormai a noi, ma a due macchine dalla nostra è stato chiuso il passaggio. Abbiamo aspettato un’altra ora, poi è arrivato il nostro turno". Abbandonare il rifugio ha assunto un significato più profondo: "Prima di lasciare Chernihiv sono passato dalla mia azienda: ho visto i due piani bruciati dall’incendio, dove c’era una confezione e un palazzo di sei piani con danni alle finestre. E’ un peccato vedere bruciati anni di lavoro".

La strada per mettersi in salvo è costellata di tanti posti di blocco con gruppi numerosi di soldati. "I primi posti di blocco sono stati complicati perché ogni volta è stato necessario far vedere i documenti, aprire il bagagliaio, mentre intorno si sentivano spari. Si procede lentamente a zig zag fra blocchi di cemento armato collocati lungo la via". Il lungo serpentone di macchine ("noi siamo in una colonna di un centinaio di auto") in fuga da Chernihiv non transita sulle strade principali: "Viaggiamo in strade secondarie, in zone di campagna. A bordo delle auto ci sono quasi esclusivamente donne, bambini e anziani". Vangi si sta dirigendo verso la Romania: un viaggio di 900 chilometri. Il primo vero sospiro di sollievo lo può tirare dopo aver raggiunto e superato Kiev. "Dalla mia cittadina a Kiev ci sono circa 130 chilometri. Abbiamo impiegato 4 ore per arrivarci. Ad ogni curva ci sono posti di blocco con carri armati e soldati ucraini: i militari cercano di sdrammatizzare con qualche battuta, per sollevare le persone in fuga". L’obiettivo dell’imprenditore è di arrivare al di là del confine nella mattinata di oggi. "Ho fatto 400 chilometri. Stasera (ieri, ndr) dovrò fermarmi alle 20 perché scatta il coprifuoco. Se riusciamo a trovare un alloggio va bene, altrimenti per una notte ci arrangiamo, dormendo in macchina, sebbene faccia molto freddo. Speriamo che al confine non ci siano troppe complicazioni per passare". Il peggio sembra essere alle spalle, ma la strada è ancora lunga. Ieri sera Vangi ha trovato riparo offerto gratuitamente da un ucraino agli sfollati nella cittadina di Skvyra, a 400 chilometri dal confine. "Se tutto va bene, conto di essere a Prato per martedì". Una volta a casa Vangi non ha intenzione di riposarsi. "Farò tutto il possibile per aiutare la popolazione ucraina e inviare aiuti a Chernihiv attivandomi con Cieli Aperti e Caritas".

Sara Bessi