Elezioni 2022, il declino della Lega e la parabola di Salvini: da uomo forte a comprimario

Alle politiche del 2018 il Carroccio era primo partito del centrodestra col 17,4%, alle Europee del 2019 prendeva il 34,3%. Poi arrivò lo strappo con Conte e fu l'inizio della fine

Matteo Salvini

Matteo Salvini

Agosto 2019-settembre 2022. Un cerchio lungo tre anni, quello che si chiude stasera. Il cerchio del declino di Matteo Salvini, da uomo forte della politica italiana a comprimario del centrodestra.

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Certo andrà al Governo, probabilmente strapperà anche un Ministero pesante, ma è una vittoria di Pirro. Alle Politiche di cinque anni fa la Lega prese il 17,4%, primo partito del centrodestra. Centrodestra poi abbandonato per andare al Governo coi Cinque stelle grandi vincitori di quella tornata elettorale. Al Governo sulla carta da secondo violino, di fatto dettando l’agenda politica e mediatica. E infatti alle Europee dell’anno successivo la Lega toccò il suo apice: 34,3%, primo partito con oltre dieci punti di vantaggio sul Pd secondo (22,7%) e, soprattutto, doppiando i Cinque Stelle fermi al 17,1%. Il capolavoro di Matteo Salvini e della sua Lega di respiro nazionale, non più Nord.

Un successo che fu però l’inizio della fine. Forte di quel risultato e di quel consenso nel Paese, Salvini provò infatti a disarcionare la premiership di Giuseppe Conte, riuscendoci solo a metà. Il Governo cadde ma i Cinque Stelle bussarono a sinistra e nacque il Conte Bis, con la Lega relegata all’opposizione insieme ai vecchi alleati del centrodestra. Il resto è storia recente, dalla sofferta fiducia al Governo Draghi al ritiro del sostegno, per ironia della sorte ritrovandosi a far cadere l’Esecutivo insieme ai Cinque Stelle di Conte.

In campagna elettorale l’abbraccio obbligato e letale con Giorgia Meloni, che continua nella sua opera di dragaggio voti nel bacino di destra, mentre Forza Italia recupera consensi nell’area moderata. Salvini lo capisce, fiuta il pericolo e negli ultimi giorni alza i toni: polemizza con Fratelli d’Italia sullo scostamento di bilancio per aiutare le famiglie contro il caro-bolletta, a Pontida gioca la carta a sorpresa dell’abolizione del canone Rai. E rispolvera la battaglia dell’autonomia, cara alla vecchia Lega e soprattutto ai suoi governatori. Quei governatori, da Fontana a Zaia e Fedriga, che ora si preparano a chiedere il conto di questo triennio infruttuoso. Con Giancarlo Giorgetti alla finestra.

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