Brescia corsaro al Del Duca. E non solo per colpa di Leali e Buchel…

La sconfitta, seconda consecutiva in casa, dei bianconeri, costringe a qualche riflessione

Nicola Leali (Ascoli Calcio)

Nicola Leali (Ascoli Calcio)

Ascoli, 25 settembre 2021 - Troppo bello per essere vero. Ventitre minuti. Qualche attimo di assestamento e due magie che solo quelli senza capelli bianchi potevano immaginare capaci di far scorrere ad un terzo di gara i titoli di coda. Un vecchio allenatore di Porto San Giorgio diceva sempre “Se siete sotto 2-0 o 3-0 ad inizio partita, guardatevi tra di voi. Se pensate che non sia finita e non uscite mentalmente dalla gara, al novantesimo gli altri piangeranno”. Era anziano negli anni novanta, lo è ancora oggi, ma aveva maledettamente ragione. Fateci caso, spesso va così. TRANELLO. Specie se l’avversario che ti apre l’autostrada è il Brescia, ha un allenatore come Pippo Inzaghi (che al netto di etichette è un grande allenatore di serie B) e una rosa come quella delle Rondinelle. Un tranello, bello e buono, considerato il turno infrasettimanale a togliere gamba a chiunque nell’ultima mezzora di partita. Ci sono due colpe sportive alla base della vittoria dei lombardi, in una sfida comunque bella, piacevole da seguire e con tante occasioni da gol. FARFALLE. La prima, le scelte individuali: di Quaranta di non chiudere un pallone come quello del 2-1, di Leali che dimentica la legge antifarfalle “Se esci, prendila. Altrimenti resta a casa tua”, di Buchel che spegne il tasto off del computer del buonsenso calcistico in area di rigore. Ma non è che possiamo elencarvi cose che avete visto coi vostri occhi. Una cosa che, invece, ci andrebbe di sottolineare – ovvero la seconda delle “colpe” - è che l’Ascoli, e lo ripetiamo fino allo sfinimento, quest’anno ha due fattori fondamentali davanti: uno è la necessità di dare a Dionisi i tempi di gioco vicino alla porta avversaria, perché che si costruiscano insieme, che lo faccia da solo o che gliele regalino gli avversari, le fortune della sua squadra dipendono da quanto Federico Piede Amico abbia palloni e luce verso la porta “dei loro”. Due, e su questa lo ripeteremo a Sottil fino a rischiare di trovarcelo sotto casa per averlo sfinito, sullo sfruttamento delle situazioni in cui Bidaoui fronteggia la difesa avversaria schierata (o non schierata) palla al piede. Signori, potenzialmente con queste giocate l’Ascoli, per quanto abbiamo visto in queste sei partite, avrebbe potuto segnare almeno (almeno!) due gol a partita. E invece no. Il tutto aspettando di vedere Iliev. Perché a quasi un mese dall’arrivo dell’ariete bulgaro, che ha bisogno di tempo, la sensazione è che ad Ascoli si sia esultato un po’ troppo per un gol senza valore. CARBONARA. Chiudiamo con due flash: su Leali, perché siamo ancora dalla sua parte. Perché uno come lui non può e non deve essere in discussione anche se sbaglia i tempi dell’uscita come se fossero quelli con cui si scuociono le mezze maniche per la carbonara. E uno sul pubblico del Del Duca. Sempre col massimo rispetto. Con la squadra in palese difficoltà mentale, tecnica e fisica, dopo il rientro dal riposo, all’Ascoli serviva ringhiare, spinto dal suo dodicesimo uomo. E invece gli unici sussulti li abbiamo sentiti nel fischiare Cavion. Perdonateci, lo diciamo con rispetto, ma siamo abituati ad altro… Daniele Perticari