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Gipi al festival del Fumetto: "Ho la fobia di annoiare"

Il fumettista: "Ho sempre visto le cose pensando a come raccontarle, i social? Penso siano pessimi, io ci soffrivo ma ora mi sono disintossicato".

Gian Alfonso Pacinotti, in arte Gipi, sarà protagonista di un dialogo con Veronesi

Gian Alfonso Pacinotti, in arte Gipi, sarà protagonista di un dialogo con Veronesi

Gli ospiti della terza edizione di ‘Linus’, il festival del fumetto ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi, cominciano ad arrivare in città per i tre giorni di appuntamenti a tema. Gipi è uno dei più importanti fumettisti contemporanei. All’anagrafe Gian Alfonso Pacinotti, si racconterà sul palco del teatro Ventidio Basso sabato 28 settembre, grazie ad un dialogo con lo scrittore Sandro Veronesi.

Pacinotti, come sarà il vostro confronto?

"Non abbiamo preparato un incontro con un tema prestabilito. A me piace così, perché preferisco andare allo sbaraglio. È molto più divertente. Entrambi siamo persone che vivono scrivendo storie quindi probabilmente parleremo dei racconti. Sandro è una persona molto brillante, io sono un imbecille a cui piace fare battute. Quindi penso che sarà un confronto divertente. Ho il terrore di annoiare il pubblico, specialmente dal vivo, faccio in modo che i miei eventi siano diversi da quelli standard in cui uno scrittore parla del suo libro".

Sente la pressione del pubblico sul palco?

"No la pressione no, sento la responsabilità, perché ho davanti persone che si sono prese la briga di uscire di casa, di non fare qualcos’altro per sentire me parlare. Per questo ho la fobia di annoiarli, cerco sempre di inventarmi qualcosa, tra ritmo, emozione, risate. Non ho mai intenzione di fare bella figura, ma ho sempre intenzione di non annoiare chi ho davanti".

Il racconto, anche di sé, non mancherà.

"No, ho fatto libri a fumetti dove usavo me stesso come personaggio principale, sono riuscito ad evitarlo poche volte e non ne sono fiero, è una specie di vizio che non mi sono ancora tolto". Da quando l’arte fa parte della sua vita?

"Da sempre, avevo questo tarlo per cui vedevo le cose e pensavo a come avrei potuto rifarle. E poi durante l’ adolescenza e la gioventù questa cosa è diventata ancora più forte. È un difetto che ho da sempre. Lo chiamo difetto perché a volte mi dà l’impressione che sia una cosa che ti precluda altri aspetti della vita, che magari sarebbero più interessanti. Ad esempio vivere a pieno le cose".

I social hanno toccato profondamente la sua vita lavorativa, che rapporto ha con queste piattaforme ora?

"Nessuno, ho smesso, come con le sigarette. Hanno un impatto sulla vita di ciascun cittadino, a meno che non sia in carcere. La società è cambiata tanto e alcuni di questi cambiamenti dipendono proprio dall’avvento e dalla pervasività di queste piattaforme. Io ho una pessima opinione dei social, come delle droghe pesanti, ma molto dipende anche da chi li utilizza. Io mi sono disintossicato, perché è così che si dice quando stai meglio dopo che hai chiuso con qualcosa che ti faceva male. Ci sono persone che hanno maggior controllo, io non dovevo starci, perché soffrivo troppo. Io consideravo chiunque mi scrivesse un essere umano, e quindi davo peso a quello che ricevevo, gli insulti ad esempio mi facevano star male. Mentre chi sopravvive sui social ha un approccio diverso: considera i propri follower inferiori".

Ottavia Firmani