Teatro Comunale Bologna, da sabato c'è il Don Giovanni di Mozart

Fino al 23 dicembre il dissoluto mozartiano nell’allestimento del debuttante Sivadier. Sul podio per l'ultima opera da direttore musicale, Michele Mariotti

L'opera don Giovanni

L'opera don Giovanni

Bologna, 12 dicembre 2018 - Sarà l’ultima volta sul podio del Comunale per Michele Mariotti, giunto qui 28enne nel 2007 e via via salito al rango di direttore musicale del teatro. Ma sarà anche la prima volta del maestro con il ‘Don Giovanni’ di Mozart, «l’opera delle opere secondo Wagner», ultimo titolo della stagione 2018, al debutto italiano (è una co-produzione con il festival di Aix-en-Provence, l’Opéra Nationale de Lorraine e il Theatre de la Ville de Luxembourg) nella sala del Bibiena sabato alle 20 (6 repliche fino alla pomeridiana del 23).

Forse anche per questo, di fronte a quella che ha definito «una montagna da scalare», alla presentazione dell’opera, ieri nel foyer Gluck, Mariotti ha raccontato di un impegno se possibile ancora più penetrante del solito. «Questo è un capolavoro assoluto, e non vi sarà mai un’interpretazione che valga per tutti e per sempre. Mi sono interrogato sul significato di dramma giocoso che gli viene attribuito. Giocoso sì, ma aggiunto a uno sfondo drammatico».

E proseguiva: «Fateci caso, don Giovanni le prova tutte, di continuo, per sedurre donna Anna, donna Elvira, Zerlina, ma non ce la fa mai, e quando la sua seduzione si imbatte nel commendatore, il padre di Anna, destinata a sposare don Ottavio, si annunciano i guai. Per lui - concludeva Mariotti - la donna è un mezzo per lasciare un segno di sé che duri dopo la sua morte, è un problema tipicamente maschile, le donne sopravvivono e vincono grazie ai figli, gli uomini, perché resti una loro traccia, fanno guerre, monumenti, o inseguono le donne».

Chi ha visto lo spettacolo, ha segnalato, nell’assoluto rispetto della partitura e del libretto di Da Ponte, la forte impronta teatrale, attoriale dell’allestimento firmato dal 55enne francese Jean-Francois Sivadier, che nel 2016 ha realizzato la regia del ‘Dom Juan’ di Molière e che alterna l’opera con la prosa, ‘Traviata’ con Buchner e Brecht, ‘Madama Butterfly’ con ‘Re Lear’.

La scena è a vista, già aperta mentre il pubblico comincia a entrare; l’impianto è fisso ma, stando alle immagini che si possono catturare su internet, è tutto in movimento, viene arricchito e costruito man mano dai vari personaggi e da un gioco di luci dove il catalogo delle conquiste, vere o mancate, del protagonista, è segnato da una linea di lampadari di Murano appesi come trofei.

«Ai cantanti», affermava Rachid Zanouda, uno dei tre responsabili della ripresa della regìa originaria, «è stato chiesto di valorizzare al massimo l’aspetto della recitazione, del movimento. Un vero e proprio sforzo da campioni sportivi, specie per Don Giovanni». E quanto ai cantanti, onestà vuole che si considerino i due cast come complessi alla pari, selezionati dalla qualità. Anche se Simone Alberghini, Don Giovanni il 15, e Stefan Kocan, il Commedatore (idem) brillano di luce speciale.

Nell’edizione di Aix, campeggia sullo sfondo uno striscione bianco con la parola ‘Liberté’ scritta a mano a grandi lettere rosso sangue. Don Giovanni la simboleggia, come incarnazione di un mito, di un inatteso Cristo (ma non è lui il Demoniaco Libertino) che sopravvivrà ancora dopo la morte, mentre gli altri personaggi della trama si sentono sperduti e abbandonati. Un finale di cui si discuterà. Succede così nei capolavori inespugnabili.

 

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