Il Civis muore così, filobus abbandonati all'Interporto. Guarda foto e video

Portati a Bologna nel 2008, i 49 mezzi di Irisbus sono preda dei vandali

La plancia di comando di un filobus razziata dai ladri (Foto Arminio)

La plancia di comando di un filobus razziata dai ladri (Foto Arminio)

Bologna, 10 settembre 2016 - Fascino francese, decadenza italiana. Degli antichi fasti, i filobus Civis parcheggiati in una piazzola dell’Interporto, deturpati, derubati e vandalizzati, conservano solo la livrea rosso fiammante, una bolla di consegna dello stabilimento Irisbus di Rorthais – 80 chilometri da Nantes – poggiata sul cruscotto, e quel caratteristico cilindretto bianco che ricade sul parabrezza, simile al cappello di Grande Puffo. Contiene la telecamera per la guida ottica. GUARDA LE FOTO - IL VIDEO

O magari conteneva, visto che dell’equipaggiamento tecnologico di quei 49 filobus mai entrati in servizio, a oggi non resta molto. Dal loro arrivo, nel 2008, i mezzi erano stati ospitati al Caab e coccolati dai proprietari di Irisbus, oggi Iveco Bus: ciclicamente ripuliti, rimpinguati di gasolio, portati a spasso per mantenerli vivi. Poi al Caab sono arrivati i cantieri di Fico, e per loro è arrivato il foglio di via. Due addetti li hanno portati in uno slargo preso in affitto all’Interporto e lì sono rimasti. Iveco ha provato a venderli per un po’. Il Comune di Trento aveva quasi ceduto, ma ne voleva solo qualcuno, così l’accordo è saltato.

Ora non li pensa più nessuno. Solo i ladri e i vandali, che evidentemente non vedevano l’ora, ne hanno approfittato a mani basse. In quasi tutti i mezzi le porte, ormai senza più pressione, si aprono a spinta. Una mano pietosa ha provato a bloccare le portiere con del filo, con risultati fallimentari. Così, all’interno, i quadri elettrici sono stati quasi tutti smontati, e i pezzi rivendibili asportati: display, fusibili, plance di comando, in due o tre casi anche le gigantesche batterie. In tutti gli altri bus, semplicemente, ci si è divertiti. Molti i vetri infranti e gli estintori svuotati, con la schiuma lattigginosa che, asciugandosi, ha imbiancato i sedili mai usati e ricoperti di ragnatele. Qualche sedile è stato divelto, tutte le coperture dei quadri elettrici e qualche parafango esterno pure. Un mezzo più appartato avrà sicuramente fatto da alcova, visto che sui sedili fanno bella mostra mozziconi di sigarette e birre mezzo consumate. In uno ha preso casa un gatto rosso, che ascolta curioso il rumore dei passi, appollaiato sul posto che fu (anzi, non fu mai) dell’autista.

Tecnologia d’avanguardia nel 2001: era il fatidico 11 settembre, coincidenza spettrale, quando all’improvviso un pezzo di Civis è apparso alla Festa dell’Unità, entrando a gamba tesa nell’immaginario dei bolognesi. Nel 2004, il 12 febbraio, il primo prototipo è stato esposto in piazza Maggiore, e per entrarci a curiosare bisognò fare la fila. Quattro anni dopo quel prototipo, in città arrivarono finalmente gli originali. Quarantanove filobus nuovi fiammanti. Poi bastò qualche test in città e il lavoro di una commissione ministeriale per appurare che quei mezzi erano pericolosi, e che bastava una goccia di pioggia a terra o sull’obiettivo impallare la lettura ottica e rendere precaria la sicurezza dei passeggeri. A Irisbus, nel frattempo era stata pagata una prima tranche: 34,7 milioni di fondi ministeriali, quindi soldi pubblici.

Un danno all’erario ipotizzato dalla Guardia di finanza nel 2012, cui le fiamme gialle hanno aggiunto, sempre come ipotesi, i 48,6 milioni, spesi per la realizzazione di banchine, segnaletica e adeguamenti alle strade. Il resto della storia è noto: partirono le inchieste (tutti assolti) e le richieste di risarcimento incrociate tra Comune, Atc e Irisbus. Il 30 novembre 2012, tra i litiganti scoppiò la pace: Crealis al posto dei Civis. E quei 49 mezzi già consegnati? "Tranquilli – disse Irisbus –, ce li riprendiamo noi". E invece sono ancora qua. Per la gioia di ladri e vandali. Invecchiati per inerzia, senza usura. Nessun ricordo in memoria, solo un souvenir: la bolla di consegna della fabbrica d’Oltralpe recita 'Destination: Bologne', alla francese. E a farci caso è l’unica promessa mantenuta.

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