LETIZIA GAMBERINI
Cronaca

Bologna, il mitico Zingarelli compie un secolo

Il dizionario sarà festeggiato oggi in Salaborsa. Fu acquistato dalla Zanichelli nel 1941

Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca

Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca

Bologna, 15 dicembre 2017 – Sfogliare la storia d’Italia parola dopo parola. Il dizionario Zingarelli compie cent’anni e sarà festeggiato oggi in Salaborsa in un ‘summit’ che sarà anche l’occasione per gettare un ponte fra futuro e presente di una lingua che vive e, come una spugna, assorbe il mondo che la circonda. Una «materia irrequieta e sfuggevole», scriveva Nicola Zingarelli nel 1935. Ma è nel 1941 che la storia del dizionario si incrocia con quella della casa editrice bolognese Zanichelli.

Un’assonanza non casuale, forse, visto che le strade non si separeranno più, fino a oggi, con l’ingresso di nuovi vocaboli, dal selfie agli emoji. E proprio in città si celebra la ricorrenza, con una serie di appuntamenti. A partire da questa mattina, alle 11.30, quando al liceo Galvani intereverranno il curatore del vocabolario Mario Cannella e il linguista Massimo Arcangeli. Sempre oggi e domani un maxischermo in piazza dei Celestini proietterà in anteprima il docufilm Lo Zingarelli, 100 anni di parole, realizzato con SkyArte Hd e interpretato da Lella Costa e Massimiliano Pani. Il docufilm, proiettato dalle 9 alle 21, racconta la storia dell’Italia attraverso le parole entrate nel vocabolario. Fra gli ospiti nell’Auditorium Enzo Biagi, oggi dalle 16, ci sarà invece Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca e professore di Storia della lingua italiana e Linguistica italiana dell’Università del Piemonte Orientale.

Marazzini, lei oggi si concentrerà su un tema particolare.

«Parlerò dell’origine dello Zingarelli, fra il 1917 e il 1922, nato con un’eccezionale modernità».

Perché?

«Intanto era di dimensioni portabili, in un unico volume, anche se altri vocabolari erano nati già nell’800 per le scuole dell’Italia unita. Ma lo Zingarelli è il primo a dare spazio a icone e immagini: pensiamo al grandissimo uso che ne facciamo oggi. Poi diede importanza alla tecnica, e ai dialetti. Poi certo, per durare nel tempo un dizionario deve incontrare un editore che lo faccia vivere».

In che modo il dizionario racconta la storia del Paese?

«Pensiamo alla voce ‘sito’. Nel 1917 indicava una situazione, una posizione, anche il cattivo odore. Ora ci sono nuovi lemmi in ambiti come la balistica, la biologia. E ovviamente Internet. Ora per luogo si usa location».

E’ ancora importante consultare un dizionario?

«Per molti di noi è un compagno fedele di tutti gli studi. C’è un aneddoto sul sindacalista Giuseppe Di Vittorio, che non aveva studiato. Un giorno trovò un libro con tutte le parole: ogni sera cercava i termini che di giorno non conosceva. E’ il simbolo che il linguaggio rende uguali. Il problema è che i giovani oggi non vanno mai a controllare e, nel rapporto Ocse 2013, l’Italia è all’ultimo posto nella comprensione dei testi».

I lemmi aumentano, ma sembra che l’Italiano si impoverisca.

«Il vocabolario è ricco. Non si impoverisce la lingua, ma i parlanti».

E noi bolognesi come parliamo?

«Tutti gli italiani hanno problemi con la pronuncia, non riguarda solo Bologna, tanto che il dizionario fornisce indicazioni».

Certo, noi abbiamo espressioni particolari, come ‘dare il tiro’ o rispondere ‘altro’.

«L’uso locale non è una bestemmia, anche i piccoli difetti sono vezzi della lingua». E creano identità. Scorrendo il dizionario, ecco il ‘tortellino’: «dim. di tortello, secondo il modello bolognese (turtlén)».

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