Dozza, autolesionismo e suicidi tra i detenuti psichiatrici: è allarme

Il sindacato di penitenziaria Sinappe: "Alcuni si feriscono solo per essere ascoltati: convivenza e gestione impossibili"

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Quattro morti, in meno di un anno, tra le mura della Dozza. E i tentativi di suicidio che non si contano più, all’ordine del giorno in sezioni difficili come il secondo piano giudiziario. Ai tre detenuti trovati morti nel letto per malori a quanto pare legati all’assunzione di sostanze (Bojan Taoufik, di 40 anni, Adil Ammani, di 31 anni, entrambi marocchini, e Fateh Daas, tunisino di 42) a inizio settembre si è aggiunto un cinquantatreenne serbo, che si è impiccato nella sua cella. Sabato un altro detenuto tunisino di 48 anni ha rischiato di morire nello stesso modo: con una corda improvvisata, realizzata con le lenzuola di carta, avvolta attorno al collo. Adesso l’uomo, salvato dal tempestivo intervento della polizia penitenziaria, è in ospedale. Ma questo ennesimo tentativo di suicidio riaccende l’attenzione sulla gravità della situazione dei detenuti più fragili alla Dozza.

"Dei tanti che, con problemi psichiatrici, dopo la chiusura degli opg, vengono oggi tenuti tra i detenuti comuni, pur avendo esigenze di trattamento ben diverse", spiega il sindacato Sinappe. Per cui questa convivenza forzata rischia di fare esplodere la già complessa gestione di un carcere dove la popolazione penitenziaria oscilla tra i 750 e gli 800 detenuti: "Da un lato ci sono le necessità terapeutiche di questi detenuti, che non possono essere soddisfatte dal regime carcerario attuale – spiega il sindacato –; dall’altro ci sono tutti gli altri detenuti, che subiscono gli effetti del disagio patito da queste persone, che ne condiziona il comportamento". Un malessere acuito anche dalle differenze sociali, che in carcere pesano ancora di più che fuori: "Alcuni detenuti, soprattutto tra i tunisini, si tagliano o ingeriscono lamette e batterie perché hanno bisogno di ascolto e in quel modo sanno di ottenerlo. Pochi giorni fa un ragazzo si è cucito le labbra col fil di ferro. E queste condotte autolesioniste iniziano ad essere comuni anche tra i minorenni del Pratello", conclude il Sinappe.

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