Droga, stangata ai clan del Pilastro Alla famiglia Rinaldi le pene più dure Spaccio, condannati in ventuno

Le indagini dopo l’omicidio di Nicola, 28 anni, nel 2019 in via Frati per questioni di debiti di cocaina. Sull’altro fronte i Labidi, divenuti noti per la ’citofonata’ di Salvini in campagna elettorale.

Droga, stangata ai clan del Pilastro  Alla famiglia Rinaldi le pene più dure  Spaccio, condannati in ventuno

Droga, stangata ai clan del Pilastro Alla famiglia Rinaldi le pene più dure Spaccio, condannati in ventuno

di Federica Orlandi

"Scusi, lei spaccia?". Il caso è diventato famoso per la scampanellata del leader leghista Matteo Salvini al Pilastro, durante le elezioni regionali del 2020, ma è stato un tragico fatto di sangue a dare il via alle indagini che hanno scoperchiato un vaso di Pandora che ha portato a 21 condanne per spaccio di hashish e cocaina, ieri mattina nell’aula bunker del carcere della Dozza. Cioè l’omicidio di Nicola Rinaldi, il giovane di 28 anni ucciso dal vicino di casa Luciano Listrani ad agosto 2019 in via Frati. Un gesto legato a debiti di spaccio, cui seguì l’inchiesta della Squadra mobile coordinata dai pm Roberto Ceroni (Dda) e Marco Imperato, con 43 indagati e 25 misure cautelari. Ieri, il giudice dell’udienza preliminare Sandro Pecorella ha stabilito pene che vanno dai tre mesi fino a superare i 14 anni, per un totale di oltre 83 anni di condanne agli imputati che hanno scelto il rito abbreviato. Uno è stato assolto per non avere commesso il fatto, G. M. difeso dall’avvocato Matteo Murgo ("Terminato il calvario giudiziario del mio assistito – commenta l’avvocato –, iniziato con l’applicazione della misura cautelare, quest’assoluzione restituisce dignità e giustizia a un padre di famiglia, del tutto estraneo ai fatti"); prosciolti tre indagati per ricettazione, uno dei quali difeso dall’avvocato Milena Micele. Alcune posizioni minori hanno optato per il patteggiamento; una dozzina di imputati invece per il rito ordinario.

Proprio il ’clan’ Rinaldi è stato il più colpito, dato che ad alcuni membri era contestata l’associazione a delinquere finalizzata allo spaccio. Salah Eddine Karmi, cognato di Nicola, ha avuto la pena più alta, 14 anni, sette mesi e dieci giorni (la Procura aveva chiesto 14 anni e otto); sette anni e otto mesi invece alla mamma Anna Maria Arena; otto anni, dieci mesi e 20 giorni al cognato Mustafaj Oert, poi quattro anni e otto alla sorella Elisa e sette anni e dieci al nipote Monir Samia; cinque mesi all’altra sorella Monia Alessia. A parte Mustafaj, difeso dall’avvocato Simone Romano ("La nostra difesa legge i fatti in maniera opposta rispetto alla Procura – dice –: faremo impugnazione per raggiungere l’assoluzione che Mustafaj merita"), gli altri sono rappresentati dagli avvocati Roberto D’Errico e Giovanni Voltarella. "Per quanto riguarda il reato associativo contestato, dico che questa sentenza è sbagliata e ingiusta – sbotta l’avvocato D’Errico –, basata su impostazioni politiche, culturali e sociali legate a una storica immagine, sbagliata, del Pilastro. L’ipotesi dell’accusa inciampa dal punto di vista dell’estensione temporale e sui presunti rapporti tra associati, i quali non intercorrono stabili e permanenti, ma solo nell’arco di pochi mesi dopo la morte di Nicola, il quale comunque non viene coinvolto nell’ambito di un’associazione di cui pure sarebbe a capo: si è dunque costituita postuma? Dopo la lettura delle motivazioni valuteremo l’appello".

Un po’ meglio per il ’clan’ dei Labidi, i destinatari della famosa citofonata di Salvini. Yaya, che rispose al campanello, sarà processato a parte in quanto all’epoca minorenne; ma suo padre Faouzi Ben Ali ha avuto due anni e mezzo, sua sorella tre mesi, sua mamma Caterina un anno, il fratello Mohamed quattro anni e mezzo. Il loro avvocato, Bruno Salernitano, è soddisfatto: "Sono stati riconosciuti ai miei assistiti i benefici da me invocati e riconosciute le attenuanti generiche e l’esclusione della recidiva per la posizione più grave, quella di Mohamed – spiega –: tutto a coronamento del buon comportamento processuale da lui assunto. Altri hanno ottenuto la sospensione condizionale della pena". In ogni caso, "valuteremo con loro se impugnare o meno la sentenza".

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