Innocenza e saggezza negli scatti di Moon

All’Ariete espone assieme alle opre di Omar Galliani. Il Kappa-Noun di San Lazzaro . ospita Simon Callery.

Innocenza e saggezza negli scatti di Moon

Innocenza e saggezza negli scatti di Moon

Mentre a Venezia è in corso la sessantesima edizione della Biennale d’Arte, Bologna ospita due mostre d’arte contemporanea che si distinguono per importanza. La prima è aperta fino al 24 maggio alla Galleria L’Ariete e consiste in una doppia personale dedicata a due artisti che, nonostante si avvalgano di linguaggi artistici diversi, presentano molte affinità: Beth Moon e Omar Galliani. Nata nel Wisconsin, Moon oggi vive in California con la sua famiglia. In via Marsili 7 sono esposti alcuni scatti fotografici tratti dalla serie ‘Thy Kingdom Come’ del 2006/07, in cui la fotografa riesce nel difficile tentativo di catturare lo strano equilibrio tra l’innocenza infantile e la saggezza più nascosta della natura. Tutte le opere sono state realizzate mediante una tecnica particolare, sperimentata e messa a punto già da parecchi anni dalla stessa Moon: la stampa al platino/palladio, in grado di durare anche secoli. "In questo modo – ha spiegato la fotografa statunitense – spero di parlare di sopravvivenza, non solo dell’uomo e della natura, ma anche della fotografia".

Accanto a questi scatti, trovano spazio anche tre opere dell’artista emiliano Omar Galliani, appartenenti alle serie ‘Il Sutra del Diamante’ e ‘Nei gioielli’. I soggetti delle sue opere appaiono come visioni poetiche che si dissolvono in un gioco di luci e ombre. Inoltre, il tratto raffinato della sua matita rievoca i grandi maestri del passato, evidenziando al contempo la condizione esistenziale contemporanea.

Invece, fino all’1 giugno, il Kappa-Noun di San Lazzaro (via I. Lambertini 5), ospita Full Circle Pit Paintings, una mostra dedicata a Simon Callery, artista inglese classe 1960 da sempre appassionato di archeologia. La personale presenta al pubblico cinque opere realizzate appositamente per l’occasione. Dopo aver studiato vari siti archeologici nel sud e nel centro dell’Inghilterra, Callery ha plasmato le forme circolari di alcune fosse per dare vita ad opere d’arte da appendere al muro con un’angolazione di 90 gradi.

Così facendo, l’artista annulla la tradizionale visione frontale per dare visibilità all’interno dell’opera, allo scopo di attribuirgli, pertanto, la stessa importanza della superficie dipinta sulla tela. Quindi, a seconda dei diversi punti di vista, l’osservatore potrà percepire il pieno (le rovine, ciò che è rimasto dei siti archeologici) ed il vuoto (ciò che può solo immaginare). Ricordiamo che in questo caso la mostra è visitabile su appuntamento scrivendo a kappanoun@gmail.com.

Manuela Valentini