"Giorgia Meloni non scambi le richieste di collaborazione per l’alluvione con l’obbedienza al capo. Bologna è una città libera, solidale e fiera della sua storia", dice con orgoglio il sindaco Matteo Lepore. Alla premier "ho chiesto di collaborare, falso che le abbia dato della picchiatrice fascista. Ho chiesto spiegazioni sulla gestione dell’ordine pubblico e conto di 300 militanti di estrema destra e filo fascisti a Bologna. Questa è una cosa che dovrebbe essere ovvia dentro le istituzioni democratiche. Il fatto stesso di doverla chiarire è un segno della confusione che esiste tra guida delle istituzioni e guida di una fazione politica".
Il rush finale della campagna elettorale s’infiamma. La miccia è partita dopo i cortei di sabato, ai quali sono seguiti gli attacchi del primo cittadino indirizzati proprio al governo sulle "300 camicie nere mandate da Roma". Ma anche sulla polemica con la prefettura, relativamente a un diversa ricostruzione sul corteo della Rete dei patrioti e Casapound in piazza XX Settembre. Lepore insiste, leggendo il verbale del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblicamente, insistendo sul fatto che la manifestazione si sarebbe dovuta tenere in piazza della Pace e non in centro "come è sempre avvenuto con gli eventi dell’ultradestra". Se il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi s’indigna ("stupefatto dalla parole di Lepore") e il ministro Matteo Salvini chiede al sindaco di scusarsi, a mettere il carico da undici è la presidente del Consiglio che, pur non partecipando in presenza (come era stato previsto), ma in videocollegamento all’evento di chiusura della campagna elettorale di Elena Ugolini, non ha lesinato attacchi: "Lepore ha una doppia faccia; chiede collaborazione ma poi mi accusa di essere una picchiatrice fascista".
A dare manforte a Lepore arriva il Pd con la segretaria provinciale Federica Mazzoni: "Il governo scappa da Bologna e non dà risposte", dice. E poi, prendendo le mosse dalla giornata vissuta sabato tra il corteo dell’estrema destra e le manifestazioni antifasciste, insiste: "Il fatto che in più di 300 persone afferenti a Casapound, alla Rete dei Patrioti, sovranisti, fascisti, siano stati mandati a Bologna, a pochi metri dalla stazione ‘2 agosto 1980’ è una provocazione disegnata a pochi giorni dalle elezioni. Volutamente – attacca Mazzoni – è stato deciso di creare un contesto e delle condizioni tali per cui disordini e incidenti erano inevitabili". Non tutti, però, nella coalizione di centrosinistra pro Michele de Pascale hanno la stessa linea. Punge Salvini (ma anche Lepore), infatti, il senatore Marco Lombardo, segretario regionale di Azione: "Abbandoniamo il linguaggio liceale e la parodia politica dello scontro tra ’zecche rosse’ e ’camicie nere’. Dimostriamo che si può manifestare la forte contrarietà alle politiche di questo governo, senza mai cedere alla violenza e senza cadere nel tranello della destra che vuole provocare solo per fare pubblicità al comizio della Meloni".
ll vicesegretario locale dem, Matteo Meogrossi, mette l’accento sull’aggressione da parte dei centri sociali al passante in centro a Bologna sabato pomeriggio, chiedendo – di fatto anche al suo partito – "di prendere le distanze ’senza se e senza ma’" perché "questa non è sinistra e questo non è antifascismo". Cerca di mediare, Michele de Pascale, candidato di centrosinistra alle Regionali: "Sono d’accordo con Lepore, i gruppi neofascisti non dovrebbero esistere, ma nessuna manifestazione sbagliata giustifica la violenza". Sullo sfondo di una giornata ad alta tensione, c’è anche la polemica sulla vicesindaca Emily Clancy, presente alla manifestazione dei collettivi: "Ha tutto il mio sostegno", taglia corto Lepore.
Rosalba Carbutti