San Petronio Bologna, Zuppi: "In questa città c'è bonomia, non buonismo"

L'omelia pronunciata dall'arcivescovo in occasione della messa celebrata per il Patrono

Bologna, il vescovo Zuppi alla messa di San Petronio (FotoSchicchi)

Bologna, il vescovo Zuppi alla messa di San Petronio (FotoSchicchi)

Bologna, 4 ottobre 2018 - La gara di solidarietà scattata dopo l’incidente sulla A 14 a Borgo Panigale come modello di comunità. “Aiutiamo la nostra città rendendola migliore con l'attenzione, la cura, disarmando con l'amore i cuori aggressivi. La Chiesa sente la responsabilità di ricucire il tessuto comunitario che l'individualismo lacera. Impariamo a custodirci, come è avvenuto a Borgo Panigale con tanta efficacia e competenza che richiede sacrificio e preparazione». E’ uno dei passaggi dell'omelia che l’arcivescovo Matteo Zuppi (foto) ha pronunciato, nella basilica di San Petronio, in occasione della messa celebrata per il Patrono.

“Qualche volta - dice Zuppi- vediamo una città dove il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, in qualche maniera intossicandoci perché il negativo giorno per giorno si accumula”. Ma, ricorda Zuppi, citando papa Benedetto, “la città siamo tutti noi”, “non ci sono spettatori”. Insomma, “ciascuno contribuisce alla vita e al clima umano e morale della città nel bene o nel male, il cui confine passa nel nostro cuore. Siamo tutti ‘attori’ e il nostro comportamento ha un influsso sugli altri. San Petronio ci ricorda, mostrando la città tutta intera, che nessuno è un'isola e quello che facciamo pur piccolo ha sempre una conseguenza”.

La caratteristica che più viene attribuita ai bolognesi, osserva Zuppi, “è la bonomia cioè la bontà del cuore, la semplicità di modi, la mitezza che spinge per la comprensione, nostra vera forza”. La bonomia “relativizza lo scontro, cerca con pazienza le ragioni del vivere assieme, aiuta l'altro a tirare fuori la parte migliore, accoglie e fa sentire accolti. La bonomia è assai diversa da buonismo che ne è la caricatura e la deformazione. Non ne vedo, senza rimpianti, molto in giro”. San Petronio, scandisce monsignor Zuppi, “non costruisce un'altra città, separata; non si chiude in un mondo a parte pensando così di proteggere le sue convinzioni, ma protegge tutta la città e in essa semina il Vangelo di amore che Gesù ha affidato”. Anche “noi non smettiamo di adottare la città degli uomini, di custodire con intelligenza e fermezza i suoi figli, tutti, perché il nostro Dio non fa distinzioni, mai, per nessuno”.

FESTA SAN PETRONIO_34105092_192653
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L’arcivescovo esorta a custodire “le cose comuni col gusto di farle bene, perché quello che facciamo aiuterà certamente qualcuno anche se non lo conosciamo. Non pensiamo che tanto non serve a niente. Custodiamo i più anziani, i tanti diversamente abili (lo diventiamo tutti così facilmente) proteggendoli con la premura, con le visite, attenti alla fragilità, non accettando mai per nessuno che sia normale la solitudine. Sappiamo quanto con poco si offende la dignità. Basta non fare nulla o un atteggiamento paternalista. Essi sono sensibili e ci aiutano a esserlo anche noi”.

E ancora, “adottiamo i suoi figli più piccoli, a cominciare dai giovani, perché possano sognare, come giustamente ha chiesto Papa Francesco introducendo il Sinodo dedicato proprio a loro”.

Zuppi disegna anche la chiesa che desidera: “Senza barriere fisiche, ma soprattutto, e dipende da ognuno di noi, senza quelle invisibili che sono la solitudine, il pregiudizio, l'indifferenza. La paura suggerisce di alzare barriere, ma non sono queste a darci sicurezza, perché alla fine ci isolano”. E chiude: “Abbiamo ascoltato le parole dell'apostolo che invitano a essere un corpo, a pensarsi insieme. Le sento così vere sia per la nostra città, che vuole ritrovare il gusto di essere e pensarsi come una comunità dove la diversità non significa scontro ma ricchezza, sia che per la Chiesa, che sta pensandosi sempre più come comunione di comunità con l'avvio delle zone pastorali”.  

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