Sobrero: "Il mio Ateneo, motore del Paese"

Il docente del dipartimento di Scienze aziendali candidato a rettore: "Migliorare e ampliare le nostre infrastrutture di ricerca"

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di Francesco Zuppiroli

Il motore di ricerca e conoscenza dell’Alma Mater può spingere la ripartenza di tutto il Paese. È una visione dinamica quella del candidato rettore Maurizio Sobrero per il prossimo sessennio accademico. Sobrero in passato ha diretto il Dipartimento di Scienze Aziendali e ricoperto numerose cariche in Ateneo e in istituzioni pubbliche e private in Italia e all’estero.

Professore, come può l’Università assumere un ruolo chiave nell’ottica di ripresa post-pandemica?

"Con un’attitudine generosa e responsabile. Generosi per dialogare fortissimamente con tutti gli attori dei territori in cui ci troviamo. E responsabile perché questo approccio sarà fondamentale per le scelte che dovremo prendere".

Quali sono le priorità?

"Dobbiamo migliorare le nostre infrastrutture didattiche, ma anche ampliarle. Soffriamo la mancanza di investimenti su grandi infrastrutture di ricerca e c’è necessità di mantenere l’attenzione anche su quegli ambiti che potrebbero non essere presenti nel Pnrr. E poi è primario ricordarci che noi siamo i territori in cui ci troviamo e bisogna perciò ricostruire assetti, chiedendoci cosa possiamo fare meglio".

E l’UniBo cosa potrebbe fare di più sul tema caldo della zona universitaria?

"Nella mia visione si può migliorare occupandoci di più dei nostri edifici, aprili agli studenti e ad usi anche non universitari. Servono operazioni concrete che si aggiungano a una riprogettazione della nostra presenza nei luoghi della vita universitaria, allungata oltre l’orario delle lezioni e in grado di mantenere vivacità di presenza su tematiche che non siano solo il legittimo svago".

Più volte lei ha poi insistito sulla spinta all’internazionalizzazione.

"Perché ci aspettano sei anni di ricostruzione all’interno di un ampio progetto Europeo e quindi la presenza internazionale dell’università sarà fondamentale per partecipare attivamente a questo percorso. Sempre di più nel mondo gli Atenei stanno giocando un ruolo attivo alla cooperazione e allo sviluppo. L’Alma Mater deve ambire ad essere un modello da esportare anche all’estero. Un modello di università pubblica e libera".

Nel suo programma ha messo poi un forte accento sulla transizione ecologica. Perché meriterebbe questa attenzione?

"Si tratta di un grande tema, che se non diventa nostro non sarà mai davvero di tutti. La pandemia ci ha aperto gli occhi su vari problemi pre-esistenti. La transizione ecologica è uno di questi e bisogna utilizzare le risorse straordinarie per passare all’azione. L’Ateneo ha la responsabilità di dare l’esempio e di coinvolgere tutti in questo. Gli ingredienti sono semplici: azioni quotidiane concrete, attenzione nei processi formativi, coinvolgimento pieno della ricerca".

E come fare questo passo?

"Trovo indispensabile l’istituzione di una task force per la transizione ecologica, nonché per l’inquadramento del Pnrr. Due gruppi per temi non ordinari, che devono essere pensati in modo trasversale e che hanno bisogno di vivere di progettualità specifiche".

Capitolo medicina. Quali sono le sue proposte per questo segmento della macchina UniBo?

"Anche qui la collaborazione fra istituzioni e aziende è fondamentale. L’università in questo contesto deve essere sempre attenta a preservare la propria autonomia, che rappresenta una valore anche per gli altri. In tanti Paesi poi la salute nel suo complesso è un motore di sviluppo economico, non solo di welfare. Questo aspetto dall’Alma Mater è stato battuto poco, quando potremmo invece coagulare tante competenze per muovere anche in questa direzione. Infine occorre tornare alla normalità e occuparci di problemi irrisolti come gli spazi per gli studenti e trovare il giusto equilibrio anche nelle emergenze fra assistenza, ricerca e didattica. Ma sono ottimista, tutto parte da una base eccellente e bisogna costruirci sopra, non ricostruire".

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