
Nei dehors sono vietate le stufe a gas (Foto Schicchi)
Bologna, 24 marzo 2018 - La Cassazione ha messo un punto fermo: le stufe a ‘fungo’, se usate nei locali pubblici, devono essere ancorate e fissate a terra. Devono, in pratica, poter ‘reggere’ anche a colpi imprevisti. Come nel caso di una rissa, alla base proprio della sentenza che di recente ha bocciato il ricorso alla Suprema corte del gestore di una discoteca di Scandiano (Reggio Emilia) condannato in appello a risarcire una cliente rimasta ferita: nel 2010 le crollò addosso un fungo mentre era seduta sui divanetti esterni del locale, a seguito di una rissa tra avventori. Insomma "’obbligo di garantire i requisiti di sicurezza di tutte le attrezzature di cui si serve l’imprenditore – scrive la Cassazione – è posto a tutela non solo dei propri dipendenti, ma dei terzi che vengano a contatto con il luogo di esercizio dell’attività di impresa". E nel caso di Scandiano l’Asl accertò che il produttore degli stessi funghi indicava la necessità di una fissaggio a terra e i giudici di merito stabilirono che «il gestore del locale avesse comunque l’obbligo di posizionare le stufe in maniera adeguata».
Se a Reggio è intervenuta la Suprema corte, cosa rischiano i gestori di locali sotto le Due Torri? In città il Comune ha di fatto vietato sempre l’uso di stufe a gas nel regolamento dehors, all’articolo 17 comma 19, al di là del tipo di dehors autorizzato. Infatti "l’impiego di apparecchi per il riscaldamento (elementi accessori al dehors) è limitato a sistemi riscaldanti a bassa dispersione di calore e a basso consumo energetico (ad esempio, lampade a raggi infrarossi a onda corta)", recita il regolamento escludendo così le altre forme di impianti. In più, "nel caso di dehors del tipo A (allestimento con sedie e tavolini, con o senza ombrelloni o tende a sbraccio, ndr) o B (allestimento A con pedane e delimitazioni, ndr) tali sistemi sono sostenuti da piantane mobili". Solo «nel caso di dehors di tipo C (allestimento A con pedane e delimitazioni e con strutture di copertura, ndr) possono essere utilizzati esclusivamente sistemi di riscaldamento a pavimento o con lampade riscaldanti integrate alla struttura". In ogni caso, nemmeno in quello più articolato e completo, "non sono consentiti sistemi di climatizzazione per il raffrescamento". La violazione di queste prescrizioni, sempre da regolamento, comporta l’avvio delle relative sanzioni che contemplano al decadenza della concessione. Insomma, stando alla norma comunale, il caso Reggio non potrebbe mai trovare applicazione in città perché nessuno dovrebbe ancora utilizzare dispositivi a gas mobili per il riscaldamento delle aree esterne ai rispettivi locali.
Attualmente le concessioni in città sono state tutte prorogate, in momenti diversi, fino a fine anno. In questo lasso di tempo il Comune potrà rimettere mano al regolamento che disciplina attualmente 831 dehors nel perimetro cittadino. Di questi, 546 sono in centro storico (65% del totale) e molti concentrati nel quartiere Porto-Saragozza (267). In 153 casi la scadenza era arrivata nel 2017: prima della fine dell’anno l’amministrazione aveva già stabilito una proroga fino a metà 2018 e altre 417 concessioni in scadenza nell’arco del 2018. Già nel 2012, quando si lavorava alla stesura del regolamento, la Soprintendenza aveva dato precise disposizioni sulla possibilità di ancorare o meno gli strumenti di riscaldamento più in uso al tempo.