Bologna Fc, in arrivo la quarta maglia. E con Macron rinnova per 6 anni

Parla il Ceo dell'azienda leader nell'abbigliamento sportivo e sponsor dei rossoblù: "Il nostro rapporto con il club è unico. Stiamo lavorando a una divisa special edition per questa stagione"

Gianluca Pavanello, Ceo di Macron

Gianluca Pavanello, Ceo di Macron

Bologna, 27 ottobre 2022 - Dietro un muro, l’orizzonte puoi solo immaginarlo. Dietro un vetro, lo puoi vedere, quasi toccare con la mano. E nel quartier generale della Macron di vetrate ce ne sono tante, ampie e luminose a vestire 6mila metri quadri di uffici. Da qui, il futuro è più nitido. «La vita è piena di casualità, i treni passano per tutti: ma la differenza la fanno la voglia e il coraggio di lanciarsi per salire su quel treno in corsa», osserva il Ceo di Macron, Gianluca Pavanello. Ci porta a visitare questo paradiso imprenditoriale di Valsamoggia costruito su un terreno da 55mila metri quadri. Tanto verde e zero cancelli: le idee vanno più veloci. C’è una cartaccia a terra e lui, mentre parla, la raccoglie. «Sono maniaco dell’ordine e pretendo tanto dai miei: a fine giornata mi sto antipatico da solo», dice ridendo. Entriamo nel magazzino: un enorme tetris di corridoi e scaffali con 6 milioni di pezzi, dove, appunto, nessuno scatolone è fuori posto. E’ l’ordine di chi ha le idee chiarissime. Di chi, arrivato nel 2005, ha visto quest’azienda crescere fino a diventare leader europea nella produzione di abbigliamento sportivo.

Pavanello, il 2022 vede il tramonto. Che anno è stato per Macron?

«Il 2022 sarà il nostro miglior anno perché siamo usciti molto forti dalla pandemia grazie al progetto dispositivi durato 12 mesi: da marzo 2020 a marzo 2021 abbiamo prodotto e importato 53 milioni di pezzi, di cui 15 milioni di tute. Ha presente le tute bianche anti-covid che si vedevano ovunque? Erano tutte nostre. Abbiamo creato da zero una linea di business che ci ha permesso di surfare un periodo difficile nel modo migliore».

Qual è stato il vostro segreto?

«Non facevamo protezioni medicali, ma avevamo, come tante altre aziende, la logistica adatta: noi ci siamo buttati, prendendoci anche tanti rischi, dimostrando grandissima capacità di reazione. Abbiamo capito che sarebbe stato un anno molto complicato: allora abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo e messo in produzione una marea di roba, convinti che avremmo potuto approfittare degli errori e delle mancanze degli altri. Chiuderemo con un più 50 percento di crescita, con un fatturato vicino ai 170 milioni, cosa che non sarebbe mai successa in un anno normale».

Il rischio è sedersi sugli allori...

«Mai. Io descrivo la Macron con due frasi. La prima: un’azienda sana è obbligata a crescere. La crescita non è un’opzione, perché nel momento in cui ti accontenti, stai cominciando a morire. La seconda frase è scritta sulla parete del mio ufficio: la vita è 10 percento ciò che ti succede e 90 percento come reagisci a questo. Se mi chiede come sarà il nostro 2023, non lo so, ma posso garantire che sarà buono perché troveremo il modo».

Nel 2001 il vostro ingresso nel calcio dalla porta di Casteldebole: qual è il vostro rapporto con il Bologna?

«Sponsorizziamo oltre 90 club, ma il Bologna è una cosa speciale per noi, c’è un’affezione particolare. E’ stato il primo club professionistico a credere in Macron, è il club della città. Io ritengo che siamo un’azienda europea, ma fortemente orgogliosi delle radici. Con il Bologna abbiamo un rapporto che dura da oltre vent’anni e abbiamo appena rinnovato per altri 6. Andremo oltre i 25 anni di unione: insieme al Bayern con Adidas, credo la nostra sia la più lunga partnership al mondo nello sport».

E anche con la Virtus c’è grande feeling.

«Rapporto più giovane, ma bellissimo. Ormai sono più di dieci anni, e abbiamo rinnovato, staremo insieme a lungo».

Saputo e Zanetti, che presidenti sono?

«Abbiamo un ottimo feeling con entrambi, stanno dando moltissimo alla città: sono persone difficili da trovare per educazione, per rispetto degli altri, con valori forti. Specie il mondo del calcio è pieno di soggetti che con l’arroganza coprono la poca sostanza che c’è dietro: abbiamo a che fare con tanti presidenti così, mentre Saputo è un’eccezione».

Simili i presidenti, diverse le situazioni. La Virtus è in Eurolega, il Bologna prova a risalire con Thiago Motta.

«Capisco la voglia dei tifosi, ma la frenesia non va bene, questo vale anche nelle aziende. Per fare le cose bene, ci vuole del tempo. Io non sono un tecnico, ma ho fiducia nei dirigenti, credo abbiano fatto scelte correte, i risultati arriveranno. Aver vinto con il Lecce è stato importante, ha ridato serenità all’ambiente».

E magari un po’ di entusiasmo che poi fa vendere le magliette.

«La maglia è piaciuta molto, sta andando molto bene. Ma è ovvio che il merchandising è molto legato alle performance: non compri una maglietta perché ne hai bisogno, ma la compri sull’onda dell’entusiasmo, se la squadra funziona. Poi se c’è un giocatore iconico come Arnautovic, aiuta. Ecco speriamo con la vittoria di domenica e la bella prestazione, che la squadra abbia imboccato il percorso corretto».

Molti club hanno sdoganato la moda della quarta maglia...

«Solitamente presentiamo le prime due divise a inizio stagione, e la terza più avanti. Quest’anno abbiamo in cantiere una quarta maglia special edition, ma non voglio svelare altro. C’è una contaminazione calcio-moda ormai: l’idea è di fare prodotti da usare sempre, non solo allo stadio».

Cosa significherebbe la Superlega per il mondo del pallone?

«Una tragedia. Il Bologna, il Napoli e la Roma diventerebbero club di dilettanti. E’ un meccanismo non meritocratico, in totale antitesi con la storia dello sport europeo: noi vogliamo scimmiottare male l’esperienza americana che nasce in un contesto totalmente diverso. Sicuramente il calcio vive un momento di difficoltà, con pochi giocatori strapagati e società troppo indebitate. Ma la Superlega è una scorciatoia, un’ingiustizia con cui pochi club vogliono far pagare i loro errori agli altri».