Elezioni 4 marzo, Bonaccini. "Darò un contributo al Pd. Apriamo ai civici"

Il presidente dell’Emilia-Romagna sulla batosta del Pd. "Non dobbiamo dare più nulla per scontato". E sul dopo-Renzi. "Se c’è bisogno, ci sono"

Il governatore Stefano Bonaccini (Ravaglia)

Il governatore Stefano Bonaccini (Ravaglia)

Bologna, 7 marzo 2018 - Dopo lo sprofondo elettorale di domenica scorsa, il governatore Stefano Bonaccini prova a rianimare le truppe avvilite e disorientate del Pd. «Non dobbiamo dare più nulla per scontato, ma sono convinto che le cose che stiamo facendo pagheranno» dice il numero uno dell’Emilia-Romagna. Che, sul suo futuro, sgombera il campo dai dubbi: «Io penso a governare una regione che ha 4,5 milioni di abitanti e un bilancio da 12 miliardi di euro. Però se c’è da mettere insieme una squadra per il futuro del Pd, e c’è bisogno anche del mio contributo, questo non mancherà».

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Intanto c’è da affrontare l’avanzata leghista e grillina: il voto di domenica ha segnato la fine dell’Emilia rossa? «Ogni volta, di fronte a una sconfitta, ritorna questa domanda. Successe venti anni fa, quando perdemmo Piacenza, Parma e soprattutto Bologna. Sembrava la fine del mondo. Poi, qualche anno fa, ricordo i documentari e le copertine di settimanali con l’Emilia verde. E, dopo la vittoria del M5s a Parma, il rischio di una regione tutta grillina».

Però a questo giro parliamo di una sconfitta di sistema. «È vero: stavolta la botta è forte. E d’altra parte con un tale voto nazionale non si poteva pensare che qui le cose andassero diversamente. In ogni caso niente tragedie, però dobbiamo avere la consapevolezza, nel caso qualcuno nel Pd non l’avesse ancora capito, che non ci saranno più rendite di posizione per nessuno. Con il tripolarismo sono finite per sempre».

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Quindi? «Quindi si va in mare aperto. Bisogna fare un bagno di umiltà e ripartire anche dove il Pd è meno presente: fabbriche, Università, scuole, mercati, piazze. Dove si lavora e si produce. Insomma, un po’ meno social e un po’ più di presenza vera tra le persone».

Per il prossimo segretario Pd è giusto pescare tra gli amministratori locali? «Nei territori abbiamo una classe dirigente larga e ricca di personalità nei territori. Ma prima delle persone dobbiamo concentrarci sui contenuti: a partire dal trovare una risposta sul perché c’è stato uno scarto così ampio tra l’azione di governo e i voti nelle urne. Poi, decidere su quali contenuti rilanciare il Pd, un tema che si intreccia al bisogno di ricostruire un campo di forze nella società per un nuovo centrosinistra».

Aperto a chi? «Anche alle esperienze civiche non di protesta, ma che già governano».

Nel 2019 si vota per la Regione: quanto temete Carroccio e grillini? «Ripeto: non bisogna dare più nulla per scontato, sapendo che la vera novità sono i 5 Stelle così forti. E poi non dovremo essere provinciali».

Cioè? «Si guardi al vento di destra o populista in Europa e nel Paese. Ora siamo in questo contesto e bisogna averne coscienza. Ma in regione si voterà tra poco meno di due anni e secondo me le cose che stiamo facendo pagheranno, quando gli elettori dovranno decidere se proseguire con un centrosinistra, a quel punto penso ancora più aperto, unito e che ha dialogato con le parti sociali, oppure cambiare. Comprendo la soddisfazione odierna di Lega e grillini, ma fossi in loro sarei prudente sul risultato finale. Perché, prima che da loro, dipenderà da noi».

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